Dura presa di posizione della Congregazione e dei suoi vescovi contro la ininterrotta e continua spoliazione di un continente bramato e saccheggiato sistematicamente delle sue risorse naturali. Con i silenzi di molti. Anche della stessa Chiesa. È un appello. Dei vertici comboniani, riuniti a Gerusalemme. Rivolto ai grandi del mondo. Ma anche alla stessa Chiesa, «che non può tacere. Deve parlare». Deve denunciare la spoliazione di un continente, l'Africa, bramato e saccheggiato sistematicamente delle sue risorse naturali.

 

Un appello che arriva dopo una settimana, nella città israeliana, di convivenza e di riflessioni dei vescovi missionari comboniani, con il Padre Generale, Sanchez G. Enrique, e con la madre generale, Luzia Premoli, dei due Istituti comboniani. Una presa di posizione netta, la loro, e che nasce dal constatare la drammatica situazione in cui vive la maggior parte delle popolazioni africane.

Nell'appello c'è un richiamo alla corsa sfrenata alle «risorse naturali delle foreste africane, del suo sottosuolo, così ricco in petrolio, diamanti, uranio, oro, coltan, ecc », con le «autorità locali, disposte a svendere i loro diversi paesi, in contraccambio di tornaconti personali, etnici o di partito».

Per i comboniani «tutto è basato sulla menzogna (...). Sconcertante è il disprezzo per le condizioni di vita sempre peggiori delle popolazioni che sono presenti sul luogo. Arroganti e violente sono le espropriazioni selvagge di terre, a scapito specialmente dei più poveri come i contadini. Numerosi pure sono i conflitti fondiari e sociali con frequente perdita di vite umane. Graduale è la sparizione dei valori della solidarietà a vantaggio di un profitto individuale, sfrenato e senza regole. Impressionante è l'aumento della corruzione a tutti i livelli».

Le nuove ricchezze dell'Africa, così, invece di servire per la lotta alla povertà «sono servite e servono apertamente al degrado, alla sperequazione, alla compera delle armi, alimentando così conflitti interminabili».

Ma l'appello comboniano chiama a una forte presa di posizione anche la Chiesa di Roma. Il cui silenzio, su questi temi, non è più tollerabile. «Sentiamo che la Chiesa non può tacere, ma deve parlare. In nome di Gesù di Nazareth, che in questa terra della Palestina ha predicato l'amore per gli ultimi, anche a lei compete il diritto di domandarsi e domandare: "A chi appartengono le risorse naturali dell'Africa?"».

 

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