Foreste birmane addio. Dopo anni di assedio da parte dell'industria del teak e i seri danni causati dal ciclone che lo scorso hanno ha investito il paese asiatico, è giunta l'ora della loro sistematica eliminazione.
Grazie a un ottimistico eufemismo il processo di deforestazione prende ora il nome di "riforestazione" e procede con la benedizione  dell'UNDP (United Nations Development Program), attraendo investimenti milionari da parte di imprese multinazionali come la coreana l Cooperation Agency (KOICA) e la giapponese Kokusai Kogyo Co.
Nel caso del progetto UNDP di "riforestazione" nell'area di Laputta, danneggiata dal ciclone lo scorso anno, su un totale di 400 acri (162 ettari), 300 saranno trasformati in piantagione e altri 100 saranno destinati a uso agricolo.
Intanto si tiiene oggi il processo alla leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, stata incriminata per aver violato gli arresti domiciliari in occasione della visita non autorizzata di un americano alla sua residenza. La guerra sporca tra il regime birmano e l'opposizione e le minoranze, si gioca in gran parte proprio sullo sfruttamento delle foreste, grande risorsa del paese.L'esportazione del teak e di altri legni preziosi rappresenta un essenziale flusso economico in sostegno del regime. Nelle aree periferiche e senza legge, controllate da branche dell'esercito o dalle fazioni armate, continua la deforestazione, e migliaia di tronchi di teak continuano a essere esportati sui mercati internazionali per sostenere lo sforzo bellico. Ma il teak è destinato a esaurirsi, già diversi studi scientifici mettono in evidenza il forte stress di questa specie e la progressiva scomparsa di piante mature. Ed ecco che un nuovo business delle piantagioni si prepara a prendere il posto dell'industria del teak. E forse anche delle foreste birmane.
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