Phnom Penh, 17 Giugno 2003 - Violenti scontri a fuoco sono il risultato di un'ispezione nelle foreste della provincia cambogiana di Banteay Meanchey.
Una delle tante bande che operano clandestinamente nella regione nord-occidentale ha attaccato a colpi d'arma da fuoco una pattuglia dell'esercito in perlustrazione.
Tra le vittime dello scontro un militare e un abitante della zona. Il realtà il taglio illegale è talmente consolidato e compenetrato con le strutture militari e di governo, che non è possibile sapere se lo scontro avvenuto nella remota regione del Banteay Meanchey non sia legato a un regolamento di conti tra gruppi interessati alle stesse aree. Proprio nelle stesse settimane il governo cambogiano riusciva a mettere fine al monitoraggio del sistema forestale del paese da parte  da parte di Global Witness, monitoraggio che aveva rivelato la diffusione strutturale di illegalità e corruzione.
Secondo Global Witness la corruzione ha radici fortissime nell'intreccio tra fazioni armate e industria del legno, fiorito durante la guerra civile.

A differenza di altre risorse, come per esempio il petrolio, il legno è relativamente facile da estrarre: si trova in superficie, non presenta i fattori di incertezza di petrolio, gas e minerali preziosi, né richiede i forti investimenti necessari per estrarre queste risorse. Inoltre è relativamente facile imparare a usare una motosega. Ecco perché questo settore è divenuto facile preda di imprese discutibili, ed è spesso il primo obiettivo di eserciti e milizie in conflitto. Pochi soldati con motoseghe e camion sono in grado di ottenere centinaia di migliaia di dollari in breve tempo. Una impresa più organizzata ne può ottenere centinaia di milioni. La prospettiva di rapidi guadagni disincentiva le milizie dall'accettare una soluzione di pace. Lo stato di disordine creato dai conflitti incentiva ulteriormente pratiche illegali, in una spirale senza fine. Una spirale che sarebbe facile spezzare se la domanda internazionale di legname non fosse cieca. Il valore delle esportazioni di legno dalle aree controllate dai "signori della guerra" cambogiani è stato calcolato intorno tra il 1990 e il 1994 tra i 220 e i 400 milioni di dollari annui (tra 120 e 240 milioni di dollari l'anno i Khmer rossi  e  tra 100 e 150 milioni di dollari il governo cambogiano).
Nel 1995 il governo cambogiano ha vietato l'esportazione di legname pregiato, ormai fuori controllo, ma non ha fermato lo sfruttamento delle foreste.
Il risultato di questa corsa alla motosega è delineato da Global Witness a tinte fosche: metà delle foreste cambogiane azzerate,  dalle pendici dei Monti del Cardamomo (a ovest) e dei monti Dangrek (a nord) sono letteralmente spogliati, mettendo a rischio non solo la biodiversità e la sussistenza delle popolazioni locali, ma anche il bacino del  lago Tonle Sap e l'intero sistema fluviale che alimenta il Mekong. Insomma, una catastrofe annunciata, e già percepibile con l'aumento delle inondazioni e degli smottamenti.
 
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