Sarajevo, 2 gennaio 2005 - Nei villaggi intorno alla cittadina di Kiseljak, nella Bosnia centrale, un tempo nulla disturbava la cintura di fitta, accogliente foresta che per secoli aveva dato rifugio ad uccelli, orsi ed innumerevoli altri animali selvatici. Ma di questi tempi sono in corso dei cambiamenti nei boschi che prima ricoprivano questa terra montagnosa, e pochi porteranno benefici. 
Perfino un visitatore casuale, che segua le strade fangose che portano attraverso la foresta vicino Kiseljak, può notare evidenti segni di erosione del suolo. Proseguendo il cammino, la vista di alberi abbattuti diventa comune, mentre la quiete della campagna è rotta dall’assordante rumore di motoseghe in azione. Gli alberi scompaiono gradualmente e lasciano il posto ad acri di terra sterile e rocce, segno sicuro che la foresta, la più grande risorsa naturale della Bosnia, sta venendo depredata. 
 
In un villaggio, IWPR si è imbattuto in un barbuto abitante del posto che aveva appena finito di caricare la sua legna su un carro. L’uomo ha fatto un gesto con la mano, a significare che non voleva discutere di quanto stava facendo. Ma il suo carro, carico di alte pile di massicci tronchi d’albero, diceva tutto. I disboscamenti intorno a Kiseljak sono solo uno dei molti esempi di deforestazione illegale in Bosnia, che sta creando le condizioni per una futura crisi ambientale ed ecologica. 
 
L’ecologista Nijaz Abazdic dice che l’incontrollato sfruttamento delle risorse naturali bosniache potrebbe essere responsabile per molti recenti disastri, come la enorme frana che ha coperto parte dell’autostrada vicino a Kiseljak, o un’altra che ha cambiato il corso del fiume Bosna. “Dobbiamo smetterla di chiudere gli occhi di fronte a questa allarmante situazione,” ha detto a IWPR. 
 
Lo sfruttamento illegale dei boschi è la principale causa di erosione del suolo, anche se gli incendi diffusi e la guerra del 1992-95 hanno avuto anch’essi il loro ruolo, quando gli alberi venivano abbattuti per necessità militari, per servire come combustibile e per l’esportazione illegale. Con foreste che coprono poco più del 40 per cento del paese, la Bosnia ha la terza riserva forestale d’Europa in ordine di dimensioni. Eppure, la mancanza di regolamenti governativi uniformi che regolino lo sfruttamento degli alberi, in particolare di querce, pini e faggi, ha reso purtroppo facile depredare per profitto questa preziosa risorsa naturale. 
 
Le foreste non ricadono sotto la competenza del debole governo statale bosniaco, ma sono gestite dalle due entità – la Federazione e la Repubblica Srpska, RS. La Federazione, a sua volta, ha devoluto il compito a ciascuno dei suoi dieci cantoni, che hanno reso la situazione ancor più complessa rigirando la competenza a società locali. Gli sfruttatori si avvantaggiano di queste pastoie burocratiche. Secondo Adid Saric, ministro dell’economia e delle foreste del Cantone di Sarajevo, la parte del cantone che confina con la RS ha sofferto il maggior danno. 
 
“È difficile reagire perché non è chiaro quali autorità ne detengano la responsabilità,” ha detto Saric a IWPR.
Ha aggiunto che arrestare gli sfruttatori, anche se presi sul fatto, è difficile. Se le guardie forestali localizzano dei ladri, devono prima riferirlo alle autorità. Questo dà alla maggior parte dei colpevoli tutto il tempo per fuggire. Inoltre, gli sfruttatori sono spesso armati, ha continuato Saric, ed esperti nel contrabbando. 
 
Smail Karovic, direttore tecnico della società Sarajevo Sume (foreste), cui sono affidati i boschi del Cantone di Sarajevo, ha detto che alla sua ditta mancano le risorse per fornire alle guardie un adeguato equipaggiamento difensivo. “Sul campo, non hanno né armi da fuoco né telefoni cellulari,” ha detto. 
 
Ha aggiunto che la società destina il 15 per cento delle sue entrate annuali alla riforestazione, alla riparazione delle strade che attraversano le foreste e ad altre forme di assistenza, che ammontano solo quest’anno a 22,500 marchi bosniaci (circa 11.000 euro). 
 
Depredare le foreste è un fenomeno diffuso nel relativamente piccolo Cantone di Sarajevo, dove sono state stilate più di 100 denunce. Karovic ha detto che la buona cooperazione della Sarajevo Sume con le autorità serbo bosniache ha fruttato diversi importanti arresti. Ma Karovic ha lamentato che pochi degli imputati hanno avuto a soffrire per le sanzioni. Nel corso di quelli che sono spesso stati lunghi processi, le guardie forestali a volte hanno cambiato le loro deposizioni. Per lo più i colpevoli se la sono cavata con multe relativamente piccole, dai 500 ai 3.000 marchi bosniaci (approssimativamente da 250 a 1.500 euro), mentre le pene detentive sono state rare. 
 
Molti degli sfruttatori possiedono segherie, di solito site nelle periferie delle città o in zone rurali. Alcuni sono assolutamente privi di vergogna riguardo alle loro attività di abbattimento illegale. “Su tutto questo non ci sono tasse,” ha confidato uno di questi proprietari a IWPR, con un largo sorriso. 
 
Un altro uomo d’affari, proprietario di una segheria a Gracanica, nella Bosnia centrale, ha puntualizzato che nessuno ha mai controllato se le forniture di legname provenienti dalla RS alla Federazione fossero state ricavate legalmente. “La sola cosa che importa è che il legname che viene dall’entità serbo bosniaca è più a buon mercato,” ha detto. 
La Eko Gorani, una associazione bosniaca per la protezione ambientale, sostiene che benché avessero fatto pressione su tutti e dieci i cantoni della Federazione perché arrestassero la deforestazione incontrollata, i loro avvertimenti non sono stati ascoltati. “Finora non abbiamo ancora ricevuto una risposta”, ha detto Izudin Hadzic, capo dell’associazione. 
 
Il cantone di Sarajevo sostiene di contrastare le attività dei disboscatori illegali ripristinando le foreste danneggiate, spendendo 1,2 milioni di marchi bosniaci solo quest’anno in attività come la riforestazione. Hadzic ha lodato questi sforzi, ma ha espresso dubbi sul loro beneficio a lungo termine. “Il riforestare da solo non basta a contrastare lo sfruttamento illegale,” ha detto. “Ci vuole molto più tempo perché crescano degli alberi appena piantati, di quanto ci vuole a tagliarli.” 
 
Intanto, le foreste intorno a Kiseljak continuano a scomparire. “Noi siamo povera gente. La nostra sola opportunità di sopravvivere all’inverno è recuperare legname gratuitamente” ha detto a IWPR una donna di un villaggio vicino, che stava ammucchiando legna tagliata contro il muro della propria casa. “A nessuno importa davvero di questi boschi,” ha aggiunto, “perché se così fosse, se ne prenderebbero cura.” 
 
*Ilda Zornic è una giornalista bosniaca praticante presso IWPR 
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