Malgrado l'impatto negativo delle piantagioni monocolturali su larga scala sia riconosciuto dalla comunità scientifica, la convenzione sul clima insiste nel considerarle come una via per sequestrare carbonio.
Gli effetti delle piantagioni in Sud Africa, Swaziland, Uruguay, Brasile e Argentina, sono illustrati in uno studio  pubblicato dalla Facoltà di Scienze dell'Università dell'Uruguay.
 Secondo lo studio, le piantagioni di eucalipto comporterebbero una perdita di nutrienti e di materia organica nel suolo, ne mutano l'acidità, alterandone le caratteristiche chimico-fisiche. Nel caso dell'Uruguay, il suolo delle praterie segnala di norma un'acidità (pH) tra il 6,5 e il 6,8, mentre nei suoli sabbiosi, questa  scende al 5,5. Nel caso delle piantagioni di eucalipto il pH si abbassa al 4.5. Si tratta di una differenza significativa, in quanto oltrepassa la soglia rappresentata dal valore pH 5,  che indica il punto di svolta nella determinazione del carattere del suolo e delle sue interazioni. Tra queste l'aumento di concentrazioni di alluminio, che risulta tossico per diverse specie vegetali. L'aumento dell'acidità provoca inoltre l'aumento della crescita di funghi, in particolare di basidiomiceti, che creano sul suolo una rete di ife con effetto idrorepellente, che contrasta l'infiltrazione dell'acqua negli strati inferiori del suolo, mentre aumenta lo scorrere dell'acqua piovana in superficie, col conseguente fenomeno di erosione. Al tempo stesso questa cortina idrorepellente diminuisce l'assorbimento di materiale organico da parte del suolo e quindi la formazione dell'humus. I residui dell'eucalipto sono più resistenti alla decomposizione e tendono a restare in superficie. Questo comporta una riduzione progressiva della fertilità del suolo, e al tempo stesso una riduzione del carbonio sequestrato.
Il carbonio sequestrato nell'humus delle praterie dell'Uruguay viene considerato stabilizzato, in quanto può restare in tale stato per millenni. Le piante a crescita rapida impiegate nelle piantagioni (come l'eucalipto), consumano rapidamente questa riserva. D'altro canto il carbonio catturato nella biomassa dell'albero è destinato a disperdersi nuovamente in atmosfera nel giro di pochi decenni: con l'abbattimento dell'albero la biomassa si dividerà tra scarti, legna da ardere e un prodotto dal ciclo di vita breve come la carta.

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