L’arrivo dell’industria ha un prezzo: la fine della foresta. Ma in cambio offre ben poco. Infatti si tratta di un’industria effimera, che non posta sviluppo, e anzi, aumenta la povertà, lasciando dietro di sé le strutture sociali tradizionali devastate, e senza offrire alcuna alternativa.

{tab=Zero profitti} I profitti finiscono nei conti delle aziende multinazionali e di prestanomi locali, oltre a fluire nelle tasche di amministratori corrotti: il prezzo delle tasse per le concessioni di taglio è irrisorio se rapportato al valore del prodotto finito. Al paese esportatore restano solo i danni lasciati da uno sfruttamento predatorio: distruzione dell'ambiente e delle risorse.

 

{tab=E tanta povertà} Il prelievo industriale del legno tropicale africano non genera ricchezza né sviluppo. Almeno non per le genti del luogo. I paesi africani esportatori di legno sono tra i 50 paesi più poveri del mondo, sono tra i paesi a più basso indice di sviluppo umano, e il loro reddito pro capite è tra i più miserabili. Questi paesi compaiono nella lista dei Paesi poveri altamente indebitati. Mentre immense quantità di legno prezioso venivano incamminate verso l'Europa e l'Asia, debito estero dell'Africa sub-sahariana cresceva del 225%.
Le aree di sfruttamento forestale, sono caratterizzate dalle problematiche sociali tipiche dell'inurbamento improvviso: alcolismo, prostituzione, AIDS. Intanto scompare un patrimonio di ricchezza biologica ma anche economica.

*  Popoli indigeni
*  Arrivano le compagnie
*  Risorse e guerre

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