Banche e fondi pensione devono cessare il loro coinvolgimento nella pratica del land grabbing (accaparramento di terre). Questo il messaggio rivolto loro da numerosi gruppi della società civile internazionale, tra cui Re:Common, alla vigilia di un’importante conferenza sugli investimenti nelle attività agricole in programma a Londra dal 3 al 5 dicembre. Istituti di credito e fondi pensione, infatti, sono sempre più impegnati nella facilitazione dell’acquisizione su larga scala di terreni, attività che provoca conseguenze disastrose sulle popolazioni locali, in particolare del Sud del mondo. Si prevede che il meeting londinese "metterà insieme" asset per complessivi tre trilioni di dollari al fine di esplorare opportunità di investimento in Africa, America Latina e Russia.
Le realtà della società civile chiedono a questi attori del mondo finanziario, come per esempio la Deutsche Bank, di non fornire il loro denaro per progetti rischiosi e che mettono in pericolo i mezzi di sostentamento e la sicurezza alimentare di un numero imprecisato di comunità locali.
Dal 2008, questo incremento del supporto finanziario da parte di banche e fondi pensione ha contribuito alla sottrazione di oltre 200 milioni di ettari di terreno a piccoli contadini, pescatori e comunità rurali. Purtroppo il land grabbing spesso comporta atti di violenza e abusi dei diritti umani per sfollare intere comunità, come dimostrano recenti casi in Etiopia e Uganda.
Un rapporto pubblicato da Re:Common sul coinvolgimento italiano nel business del land grab, stima che entro il 2017 gli investitori istituzionali aumenteranno del 500 per cento il loro portafoglio investimenti in campo agricolo.
"Questo tipo di investimenti sono di frequente presentati come a basso rischio e positivi per i Paesi del Sud del mondo. Ma ci sono tutte le evidenze che non è così, ma anzi l’esatto contrario" ha dichiarato Giulia Franchi, campaigner terra di Re:Common.
"L'accaparramento di terre inibisce le possibilità di accesso alla terra per le comunità locali trasformando sistemi socioeconomici tradizionali ed ecosostenibili in decontestualizzate macchine per la produzione di cibo ed energia su scala industriale, provocando danni enormi anche all'ambiente", ha concluso la Franchi.