I dispositivi elettronici sono al primo posto nella lista dei regali di Natale, ma non tutti sanno che molti di questi sono stati fabbricati con i minerali provenienti da regioni colpite dai conflitti armati, causa di diffuse violazioni dei diritti umani. Come i "diamanti insanguinati", la vendita dei "minerali dei conflitti” da parte di gruppi armati alle imprese che fabbricano prodotti per il mercato Usa alimenta e finanzia, secondo gli esperti, atrocità nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove si contano già più di 5 milioni di morti nel conflitto più feroce del continente dopo il genocidio del Rwanda del 1994.
La Legge Dodd-Frank per la tutela dei consumatori e per la riforma di Wall Street è più nota per la sua funzione di regolamentazione del mercato finanziario statunitense, ma parte della norma tratta della responsabilità aziendale fuori dal territorio americano nell’acquisto dei minerali dei conflitti.
Alcune disposizioni prevedono che le imprese che figurano nella Commissione per i Titoli e gli Scambi (SEC, nell’acronimo inglese) debbano comunicare l’acquisto di minerali quali tungsteno, stagno, tantalio e oro provenienti dalle zone della RDC legate alle violazioni dei diritti umani da parte dei gruppi armati.
Questa norma obbliga le imprese ad attivare un processo chiamato “dovuta diligenza” nella catena di approvvigionamento, in base al quale si è tenuti a fornire alla SEC le informazioni sui prodotti utilizzati.
Ma la norma è bloccata in un processo di regolamentazione della SEC che deve definire in che modo dovrà essere applicato questo punto specifico della legge Dodd-Frank. La SEC ha già otto mesi di ritardo rispetto ai termini stabiliti. Sul sito internet della Commissione questo tema è nella lista dei punti da chiudere entro la fine del 2011.
I sostenitori della legge, tra cui le organizzazioni internazionali per i diritti umani e le associazioni della società civile negli Usa e nella RDC, si chiedono quale sia il motivo del ritardo, mentre Global Witness, un watch group che si occupa di denunciare lo stretto rapporto tra risorse naturali e conflitti, ricorda che in gioco ci sono molte vite umane. Secondo l’associazione, il ritardo “permette ai gruppi armati responsabili dei terribili attacchi contro i civili congolesi di guadagnare tempo per beneficiare ulteriormente del commercio dei minerali”.
Una ricerca condotta nella RDC dall’Ufficio congiunto delle Nazioni Unite per i diritti umani ha rivelato che, nell’agosto 2010, 300 abitanti di 3 villaggi vicini alle miniere nella provincia orientale congolese del Nord Kivu sono state vittime di violenze. L’Onu ha associato queste violenze ai conflitti per l’accesso ai minerali.
Anche Global Witness ha condotto le sue ricerche, elaborando tra le altre cose una mappa della catena di approvvigionamento da cui è emerso che il commercio dei minerali dei conflitti alimenta l’accaparramento di terre e lo sfollamento degli abitanti del Nord Kivu, dove “le violazioni dei diritti umani, incluse le violenze di genere come stupri e schiavitù sessuale, hanno raggiunto proporzioni tragiche”.
Chi si oppone al provvedimento, tra cui molti gruppi di interesse, sostengono che la norma rischierebbe di ostacolare gli scambi commerciali con la RDC, e che riuscire a individuare l’origine dei loro minerali potrebbe essere estremamente complesso.
Chi invece è favorevole alla legge afferma che i minerali come tungsteno, stagno e tantalio, possono provenire da poche fonderie nel mondo. La norma, a loro parere, non bloccherebbe il commercio, e le imprese dovrebbero semplicemente verificare se i minerali sono stati venduti da gruppi armati della RDC, comunicare questa informazione, e adottare misure con la “dovuta diligenza” per cercare nuove e diverse fonti di approvvigionamento.
Il governatore della provincia di Nord Kivu ha ricordato ai ricercatori di Global Witness che nel suo paese c’è una guerra in corso dal 1996, e si è chiesto "perché il governo statunitense non abbia approvato questa legge 10 anni fa".
Il parlamentare Jim McDermott, sostenitore del progetto di legge, lo definisce una misura moderna che consentirebbe a consumatori e investitori di decidere se avere a che fare con imprese che acquistano i minerali dei conflitti.
"Se crediamo nella giustizia sociale, è molto importante tagliare i fondi a coloro che uccidono e commettono violenze in Africa", ha dichiarato McDermott a IPS.
La California, l’ottava economia al mondo, ha utilizzato la norma come modello per un proprio progetto di legge, approvato lo scorso settembre, che proibisce di fare affari con imprese che utilizzano questi minerali. “Penso che diversi gruppi, alcuni del settore industriale, abbiano esercitato una forte pressione affinché la legge non venisse approvata”, ha dichiarato a IPS Corinna Gilfillan, direttrice di Global Witness negli Usa. “Stiamo parlando di due norme fondamentali per i diritti umani e abbiamo otto mesi di ritardo. Quali saranno le conseguenze?”.
Anche un’altra norma, sempre legata alla trasparenza e che geograficamente ha una portata maggiore della Dodd-Frank, sta subendo ritardi nel processo di regolamentazione della SEC.
Il provvedimento prevederebbe che le compagnie petrolifere, minerarie, e del gas, riferiscano alla SEC l’importo di tasse, royalty, diritti di produzione e bonus pagati ai governi di altri paesi. La campagna Pubblicate ciò che pagate (Publish What You Pay), una coalizione contro la corruzione formata da 600 associazioni religiose, ambientaliste e della società civile, è impegnata dal 2004 per far adottare questa misura.
"In diversi paesi ricchi di risorse naturali le persone vivono con meno di due dollari al giorno", ha affermato Isabel Munilla, direttrice di Publish What You Pay, in occasione del forum organizzato dalla Brookings Institution la scorsa settimana a Washington. Secondo Munilla, le iniziative che promuovono la trasparenza finanziaria riducono la corruzione e aumentano il potere dei cittadini dei paesi con risorse naturali di reclamare la parte di benefici che gli spetta.
McDermott ha esortato i cittadini statunitensi a sostenere la piena adozione della Dodd-Frank. "Credo che i profitti onesti possano convivere con la giustizia sociale, e di questo tratta la legge", ha concluso.