I rappresentanti di numerose associazioni ambientaliste, dei popoli indigeni e della società civile hanno bocciato seccamente la formulazione dello schema dell'ONU per ridurre le emissioni da deforestazione e degrado forestale (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation - REDD).
Il meccanismo approntato dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici infatti ricalca i già fallimentari esperimenti della Banca Mondiale, come il programma Forest Carbon Partnership Facility. Infatti il sistema si riduce a una commercializzazione di crediti di carbonio, che permette ai paesi emettitori di continuare il "business as usual" , mettendo a repentaglio il clima globale, senza salvaguardare le foreste e diritti dei diritti dei popoli indigeni.
La Norvegia ha già calcolato, per esempio, che la protezione della foresta amazzonica potrebbe "compensare" o compensare dieci volte le emissioni annuali. Tuttavia, una siccità verificatasi nel 2005, mostra la vulnerabilità della foresta ai cambiamenti climatici, a fronte dei quali gli alberi invece di assorbire carbonio, lo rilasciano. Uno scenario molto probabile se le emissioni di gas serra non caleranno.
I "permessi a inquinare" generati dal REDD chiudono l'unica strada possibile per contenere il cambiamento climatico: lasciare petrolio, carbone e gas sottoterra.
Cisì come si è verificato nel caso del Clean Development Mechanism (CDM), promoss nell'ambito del protocollo di Kyoto, il risultato non è stato un abbassamento delle emissioni, ma una compensazione (non sempre efficace) delle emissioni prodotte in eccesso.
Inoltre il carbone biologico si comporta in modo diverso dal carbone fossile (e richiede millenni per fossilizzarsi): è meno stabile e tende più facilmente a tornare in atmosfera.
I popoli indigeni in particolare, temono che la valorizzazione commerciale di suoli forestali marginali possa scatenare una nuova corsa alla terra e all'espropriazione delle terre ancestrali indigene. Del resto nel 2009, anche l'Interpol ha messo in guardia contro la vulnerabilità dei REDD rispetto alle frodi e alla corruzione internazionale.
La piattaforma è stata firmata da Acción Ecológica (Ecuador) Carbon Trade Watch International, CENSAT AGUA VIVA (Colombia), Centre for Civil Society Environmental Justice Project, Università diKwaZulu-Natal, Durban (Sud Africa) COECOCEIBA-Amigos de la Tierra Costa Rica (Costa Rica), CORE - Centre for Organisation Research & Education (India), The Corner House (Gran Bretagna), FASE – ES, Brasile, FERN (Belgio-Gran Bretagna) Global Justice Ecology Project (USA), Indigenous Environment Network, International Institute for Social Ecology (USA) Moving Mountains, China National Forum of Forest People and Forest Workers (Cina), India Peoples Movement on Climate Change - PMCC (India), International School of Democratic Economics (Indonesia), SOLJUSPAX (Filippine) Philippines Sustainable Energy & Economy Network, Institute for Policy Studies (USA), Timberwatch (Sud Africa), World Rainforest Movement (Uruguay)
Foreste e Clima
REDD: niente truffe sul carbonio e le foreste
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