Abruzzo addio: petrolio, pozzi e trivelle su oltre due mila chilometri quadrati. E' quanto emerge dal rapporto "La costa delle Trivelle. Dati e numeri sulla deriva petrolifera abruzzese", presentato da WWF, Legambiente, Italia Nostra, LIPU, FAI, CAI e ARCI , per presentare un quadro dell'espansione dello sfruttamento sul territorio della regione.

 

Da quando nel febbraio 2009 WWF e Legambiente prepararono il primo dossier sulla petrolizzazione in Abruzzo, le Associazioni ambientaliste hanno continuato a seguire l’evolversi delle istanze e delle concessioni di ricerca di idrocarburi. In un determinato momento ben il 51,7% dell’Abruzzo è stato interessato da istanze di ricerca ed estrazione di idrocarburi e stessa sorte è toccata a 6.241,15 kmq di mare antistante la sua costa.

Secondo il rapporto, l’Abruzzo continua ad essere una regione "occupata" dai petrolieri:

• 2.213,05 kmq di territorio abruzzese sono interessati da permessi di ricerca.
• 441,29 kmq di territorio abruzzese sono interessati da concessioni di coltivazione.
• 101,03 kmq di territorio abruzzese sono interessati da concessioni di stoccaggio.

Cui si aggiungono:
• 35,72 Kmq di territorio abruzzese sono interessati da istanze per concessione di coltivazione.
• 1.018,00 kmq di territorio abruzzese sono interessati da istanze per concessioni di stoccaggio.
• 4.222,80 Kmq di territorio abruzzese sono interessati da istanze per permessi di ricerca.

Su diverse migliaia i chilometri quadrati di mare antistante la costa abruzzese sono inoltre ancora esistenti un gran numero di titoli per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi. Le recenti vicende di Ombrina Mare e di Elsa 2 hanno riportato all’attenzione di tutti il reale pericolo che la nostra regione corre di diventare un vero e proprio distretto petrolifero, così come prevede la strategia energetica del Governo nazionale che, attraverso una serie di provvedimenti – ultimo dei quali il Decreto Sblocca Italia – sta semplificando tutte le procedure per le autorizzazioni di idrocarburi, depotenziando totalmente il ruolo di regioni ed enti locali.

Guarda caso, l'espansione petrolifera nostrana viene proprio mentre a livello mondiale il petrolio è sull’orlo del picco. Si è arrivati al punto in cui è stata estratta e bruciata la parte “facile” a disposizione. Quello che resta è petrolio “difficile”, costoso e spesso di bassa qualità. Il 2015 potrebbe  segnare l’inizio del declino dei combustibili fossili se ci sarà un buon accordo sul clima al vertice di Parigi previsto in dicembre. In Italia se ne va allegramente dalla parte opposta. Sono 17,5 i miliardi di euro pubblici spesi nel solo 2014 a sostegno di fonti energetiche che causano il cambiamento climatico: sussidi ed esenzioni al trasporto, sussidi diretti alle centrali da fonti fossili, sconti ed esenzioni per le imprese energivore, finanziamenti per strade e autostrade, sussidi alle trivellazioni. Tutte sovvenzioni dirette e indirette che con compaiono neppure nel Piano di Strategia Energetica Nazionale 2013 compreso.

Le associazioni chiedono ai politici poche chiare azioni: 

• ai parlamentari abruzzesi di non approvare provvedimenti – come hanno fatto coloro che hanno votato a favore del Decreto Sblocca Italia – che mettono in pericolo il territorio regionale, ma di produrre un GREEN ACT utile all’Italia e all’Abruzzo, che corregga lo Sblocca Italia, cancelli la deriva petrolifera e gli incentivi alle fossili e sia attenta ai cambiamenti climatici;
• alla Regione di mettere in campo un’azione continua ed efficace per contrastare la deriva petrolifera che ci sta investendo. Di supportare un GREEN ACT territoriale volto a definire, tra l’altro, un piano energetico regionale incentrato su un giusto mix di fonti rinnovabili, un piano sulla mobilità sostenibile, paesaggio, turismo e agricoltura di qualità, bonifiche, prevenzione del dissesto idrogeologico e consumo di suolo, nonché azioni per l’adattamento e le mitigazioni climatiche. Impostare una task-forse di esperti, più volte da noi sollecitata, che sia in grado di supportarla nelle azioni su indicate e nel contrasto al diffondersi delle richieste delle multinazionali del petrolio. Vi è bisogno di un gruppo che raccolga competenze trasversali e complementari, capace di elaborare e attuare una strategia integrata;
• ai Comuni, in generale, e specificatamente a quelli dell’area della costa teatina, di mettere in campo politiche concrete che guardino alla rigenerazione dei tessuti urbani e alla riqualificazione ed efficienza energetica del proprio patrimonio edilizio esistente, pianificare uno sviluppo urbanistico prevenendo la salvaguardia del terreno agricolo e degli spazi verdi e bloccando l’espansione urbanistica incontrollata. Ripensare una mobilità nuova e sostenibile, un turismo che impatti positivamente con le economie del territorio e che tenga insieme cultura, natura e agricoltura, sviluppare una nuova cultura della cura e manutenzione del territorio in un ottica di smart city.

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