Le  foreste pluviali della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone sono essenziali alla protezione di ecosistemi unici (in molti casi non ancora conosciuti), alla sopravvivenza dei popoli indigeni e al contenimento dei cambiamenti climatici. Il degrado di queste foreste foreste, dovuto principalmente alla crescente industria del legno, in gran parte illegale, rischia di avere impatti su tutto il pianeta.


Papua Nuova Guinea divenuta il primo produttore mondiale di legname tropicale, con circa 3,8 milioni di metri cubi esportati nel 2014. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (United Nations Office on Drugs and Crime), circa il 90 per cento del legname esportato dalla Papua Nuova Guinea e circa l'85 per cento di quello proveniente dalle Isole Salomone è stimato essere illegale

"Gli alberi vengono abbattuti in aree vietate, le operazioni di taglio non rispetta gli obblighi con le comunità locali, come strade e ponti", dice Samson Kupale dell’associazione locale Eco-forestale Forum.

Le foreste di Papua Nuova Guinea si estendono su oltre 29 milioni di ettari, e circa il 75 per cento della sua superficie totale del paese. Le foreste pluviali delle Isole Salomone coprono “appena" 2,2 milioni di ettari, ma questi è rappresenta l'80 per cento della superficie del paese.
Oltre l'80 per cento della popolazione di entrambi i paesi risiede nelle zone rurali e le foreste sono essenziali fornitori di cibo, acqua potabile e materiali per ripararsi.

Ma il taglio industriale è aumentato con la crescente domanda di legname da parte delle emergenti economie asiatiche. Anche l’espansione dell’agricoltura e delle piantagioni in aree forestali (ad esempio, dell'olio di palma), contribuisce alla crescente produzione di legname.

Le operazioni di taglio sono solitamente state in aree remote, dove il controllo da parte dell’autorità rappresenta una seria sfida.

L’Oakland Institute ha recentemente pubblicato un rapporto che mostra la presenza di forti indicatori di transfer pricing, ossia della massiccia evasione fiscale attraverso la triangolazione delle vendite nei paradisi fiscali. Secondo l’ONG il crescente business del legname non ha contribuito a sostenere il paese, e la tassa del 30 per cento viene allegramente evitata dichiarando zero profitti.

Anche nelle Isole Salomone, la situazione è anche critica. La metà delle foreste dell’isola di Kolombangara sono ormai degradate da 50 anni di prelievo vorace, mentre le comunità locali sono paralizzate da annose controversie legali contro i taglialegna illegali.

Oltre l'80 per cento dei terreni nelle Isole Salomone è formalmente di proprietà tribale, ma le compagnie del legno ottengono ampie fette di foresta attraverso intermediari che non hanno alcun titolo sui terreni da cui si arricchiscono.

Le agenzie forestali, prive di personale e di fondi operativi, sono di conseguenza vittime fortemente soggette a corruzione e clientelismo. La collusione tra le compagnie del legno straniere e le élite politiche locali è uno dei fattori più preoccupanti. "Ci sono ministri del governo, assessori provinciali che di comportano da agenti di delle compagnie del legno ed esercitano poteri discrezionali indebiti sul rilascio delle concessioni di taglio” ha dichiarato a IPS News da Ruth Liloqula, presidente di Transparency Solomon Islands.

Peggio ancora, aggiunge Liloqula, data la mancanza di fondi governativi, ora le compagnie del legno pagano le riunioni in cui si decidono i diritti di taglio. Il risultato è che le decisioni finiscono sempre col favorirle.

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