Se vogliamo fermare il riscaldamento del pianeta, dobbiamo far sì che sia costoso e antieconomico emettere gas serra. E dobbiamo rendere più conveniente proteggere le foreste dell'Amazonia, del Congo o dell'Indonesia, piutosto che abbatterle. Al contrario, includere le misure per la protezione delle foreste nel mercato dei crediti di carbonio rischia di svalutare il loro valore del 75 per cento. E' quanto emerge dal rapporto commissionato da Greenpeace al think-tank neozelandese Kea 3. La svalutazione dei crediti di carbonio farebbe svanire nel nulla miliardi milioni di dollari di investimenti nelle tecnologie a basso impatto climatico nei paesi in via di sviluppo. India, Cina e Brasile troverebbero pochi incentivi a indirizzare il loro crescente sviluppo verso tecnologie pulite.
Il rapporto è stato reso pubblico in occasione dei negoziati sul clima aperti oggi a Bonn, che dovranno definire le politiche per preservare le foreste. Il processo REDD volto a ridurre le emissioni di gas serra provenienti dalla deforestazione o dal degrado delle foreste (Reduce Emissions from  Deforestation and forest Degradation).  
La deforestazione infatti è responsabile di circa un 20 per cento delle emissioni globali di gas serra, e fermare la distruzione delle foreste è la misura più rapida per contenere il cambiamento climatico. Non c'è però accordo su quale sia la misura più idonea a ottenere questo risultato.

La Banca Mondiale sostiene l'adozione del sistema dei crediti di carbonio: per ogni area di foresta protetta nei paesi del Sud del mondo, i paesi sviluppati potranno rilasciare in atmosfera il corrispondente carbonio. Un sistema simile è già in vigore per progetti di efficienza energetica, e i paesi sviluppati hanno diritto di rilasciare quote aggiuntive di carbonio, quando finanziano progetti di efficienza energetica in un paese in via di sviluppo (in pratica acquistano un "credito" di emissioni di carbonio).

Il rapporto di Greenpeace dimostra che il sistema attualmente in vigore collasserebbe, qualora le aree di foresta tropicale fossero in grado di rilasciare crediti di carbonio. Il valore dei crediti di carbonio crollerebbe del 75 per cento e nessuno investirebbe piu' nei progetti di energia pulita, per il semplice che questi ultimi richiedono maggiori investimenti, mentre il marcato sceglie i prodotti più economici (mantenere una foresta intatta richiede investimenti minimi, talvolta nulli).
Il risultato sarebbe una continua espansione delle tecnologie inquinanti ma economiche, come il carbone, mentre il boom degli investimenti nelle foreste non aiuterebbe a preservarle, in quanto la distruzione delle foreste, il prelievo di legname o la conversione agricola si sposterebbero in aree non ancora "protette" dai progetti legati crediti di carbonio. Inoltre, senza un calo delle emissioni di gas serra, il destino delle foreste sarà comunque deciso: allarmanti studi scientifici avvertono che un innalzamento delle temperature di pochi gradi rischia di uccidere le foreste tropicali.

"Crediti di carbonio a prezzi scontati sembrano invitanti, ma se guardiamo bene al risultato, sono un'opzione pericolosa, che non salverà le foreste, né proteggerà il clima" ha commentato Roman Czebiniak , di Greenpeace.


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