Non è amata dagli indigeni peruviani, la nuova Legge Forestale. Infatti, il testo in corso di approvazione, esclude esplicitamente i precedenti limiti al numero di parcelle concessionabili nell'ambito forestale (estese da 5 a 40.000 ettari). Il risultato pratico sarà il rilascio di concessioni forestali su aree totali fino a 1 milione di ettari, mega-concessioni che in assenza dello Stato, sono destinate a diventare veri propri feudi estrattivi, sanzionando una pratica già in corso nel settore forestale e nelle grandi piantagioni di coca, dove il lavoro schiavile continua ad essere prevalente. (in coerenza con la tradizione che fino agli anni '70 vedeva il fiorente mercato degli schiavi indios nella piazza di Atalaya, nella zona del rio Napo, mentre fiorivano i safari per ricchi turisti con la caccia all' Indio, praticata con cani e battitori, e l'esercito pacificava i villaggi nativi con bombardamenti elicotteri mitragliatori).
Lo sviluppo di mega-concessioni rischia di annullare definitivamente il consenso previo e informato delle popolazioni indigene su tutti i nuovi progetti, stabilito dall'ONU e incluso nella costituzione peruviana, ma quasi mai rispettato, come dimostra la violenta rivolta indigena del maggio 2009 nella regione di Bangua.
Che questa sia la strada scelta dal governo, è dalla recente promulgazione del Decreto Supremo nº 1095 (1/09/2010) che prevede e regolarizza l'uso della forza da parte dell' Esercito Peruviano "la protezione della Società, in difesa dello Stato di Diritto e al fine di assicurare la pace e l'ordine interno nel Territorio Nazionale". Una normativa che lascia presagire una intensificazione del conflitto indigeno, alla luce della violenza già dispiegata dall'esercito durante la precedente rivolta indigena e dell'utilizzo delle cannoniere della Marina per rimuovere i blocchi indigeni alle compagnie petrolifere.