Il governo del Sarawak progetta di convertire entro il prossimo decennio un milione di ettari di foresta pluviale in piantagioni di palma da olio. La maggior parte di questa terra è coperta da foreste secondarie, ma comprende ampi tratti di foreste primarie e foreste torbiere, oltre  ai campi e gli alberi da gomma delle popolazioni autoctone.

 

Lo annuncia il Bruno Manser Fonds. Secondo il ministro per lo Sviluppo l'Agricoltura del Sarawak, James Masing, il governo ha adottato una "più aggressiva" strategia di conversione in piantagioni di palma da olio verso terre indigene. Il governo dello stato ha quindi deciso di raddoppiare la superficie a piantagione, dagli attuali 920.000 ettari a 2 milioni di ettari entro il 2020, ed allo scopo, ha richiesto fondi dal governo federale malese.

L'annuncio del ministro non è una buona notizia per chi sperava che finisse l'assalto alle delle terre native e la distruzione delle foreste pluviali Sarawak, uno degli habitat più ricchi di biodiversità al mondo. L'anno scorso, le organizzazioni indigene della Malesia ha chiesto una moratoria sulla realizzazione di nuove piantagioni, proprio poiché queste di norma violano i diritti indigeni.

Il governo del Sarawak non rispetta le sue stesse normative forestali, e viola costantemente i diritti indigeni, tanto da portare al blocco delle trattative con l'Unione Europea per l'accordo volontario di partenariato (VPA) circa le importazioni di legname la Malesia.

Le politiche forestali dello stato, dopo oltre due decenni di disastri ambientali, sono state mese in discussione dal recente emergere della rampante corruzione attorno al governo del premier Abdul Taib Mahmud, e della sua famiglia, al potere dal 1981.

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