"Il paradosso della civiltà" è un romanzo-saggio che, prendendo spunto dalle vicende di due personaggi agli antipodi del mondo, narra in estrema sintesi la storia dell’umanità. Tommaso vive a Torino, in Italia; Mathaar nella foresta tropicale del bacino del Congo, in Africa. Il primo, figlio di un operaio finito nell’ingranaggio del ricatto del lavoro, appartiene alla cosiddetta civiltà ed il secondo, un pigmeo costantemente in migrazione col suo clan, al mondo dei selvaggi. La narrazione segue l’intera esistenza, apparentemente distinta, dei due protagonisti, descrivendone la nascita, l’infanzia, l’adolescenza, la maturità ed infine la morte. Le contraddizioni della civiltà, la fame di dominio sul mondo, la sopraffazione della Natura e lo sfruttamento dei popoli indigeni emergono, come in un universale giudizio, riempiendo di travagliate vicende la storia dei due, sino al momento in cui le loro vite s'incrociano inaspettatamente per rivelare ad entrambi la più fondamentale delle lezioni. L’incontro tra Tommaso e Mathaar, tra la civiltà e la Natura, segna la conclusione delle loro tormentate esistenze ed anticipa il tragico destino dei loro due popoli. Sarà un sogno a consegnare a Tommaso una nuova speranza, prima che sia troppo tardi e che i due mondi, che esistono all’interno dell’unica Grande Madre creatrice del Tutto, si annullino a vicenda.
Come scritto nella prefazione: “In questo libro si racconta la storia dell’umanità dalla nascita alla morte, passando per gli estremi di quella che definiamo civiltà. Quella stessa civiltà che relega tutti coloro che vivono al di sotto del piedistallo dalla cultura, dalla tecnologia e dal denaro nella categoria dei “selvaggi”.
Questo libro ha l’ambizione di essere lo specchio grazie al quale ciascun “erudito occidentale” possa riflettere la sua immagine per vederla scevra della maschera civile e riconoscere in quell’animalesco selvaggio sé stesso. La rimozione di una maschera non per tornare alle caverne, non per impugnare la clava, l’ascia o la cerbottana, ma per cambiare la mente, ricongiungersi all’uomo ed attraverso questo, alla Natura. Un libro che nasce con questa ambizione sembra destinato a fallire... Se, però, la dicotomica storia dell’umanità qui narrata troverà posto in quelle menti aperte alla conoscenza, predisposte a guardare oltre la superficie, a scovare il tesoro in fondo al mare per arricchire lo spirito, allora il fallimento non si manifesterà. Ciò che l’Homo sapiens sta perdendo è un patrimonio inestimabile, la chiave per la sua stessa sopravvivenza. La storia dei popoli selvaggi, la terra dei popoli selvaggi, gli animali e le piante cacciati, raccolti e venerati dai selvaggi, si dirigono tutti verso un stessa direzione. Un profondo e buio oblio che trascina pian piano la nostra esistenza. L’esistenza dell’uomo civile. La rincorsa alla civiltà ha portato con sé le sue nefaste conseguenze e gli effetti si manifestano con estrema lentezza, ma con impietosaira. Le civiltà, su cui si fonda il benessere ed il miglioramento delle condizioni di vita di metà del mondo contemporaneo, sono state costruite sulla base delle sofferenze e dello sfruttamento dell’altra metà. Se poi si possa parlare di miglioramento vero, questo non può dirlo l’uomo civile. E non potrà dirlo sino a quando continuerà a distruggere la sua storia, i popoli che la custodiscono ed i territori che la preservano.
Senza questi arcani elementi nessuno è in grado di stabilire verso quale destino l’umanità è diretta. Nessuno può sapere qual è stato il punto di partenza e quale sarà quello di arrivo. In questo libro non si discrimina tra cosa sia giusto e cosa sbagliato, tra cosa sia buono e cosa sia brutto, qui si parla della storia della Natura e dell’Uomo. Del suo rapporto con gli altri popoli, del suo vivere sulla Terra che l’ha generato e del suo sentirla con orecchie sorde, vederla con occhi ciechi, annusarla con nasi assuefatti. C’è un segreto, un profumo, un colore, un suono che non possono essere percepiti se non con gli occhi di un selvaggio. Tutti questi elementi a noi sconosciuti erano presenti sin dall’alba dei tempi nelle menti ancora pronte a scoprirli, prima di diventare civili.
Essi ci sono ancora, assopiti in attesa di rinascere. Continuare a far finta che tutto questo non esista è come voler credere di non esser mai stati bambini. Di non esser mai stati animali. Di non esserlo, ancora. Voler eliminare tutto ciò che per noi è altro, solo perché diverso, selvaggio, non civilizzato è il più spregevole gesto che l’umanità possa compiere. Perché spegnere di colpo la loro flebile fiamma ancora per poco accesa, è come uccidere i propri nonni perché vecchi e fuori dal tempo, lontani dalla società e da quella civiltà che va formandosi, pur sapendoli custodi della propria memoria.
Ci sono sulla Terra tenui essenze, labili volti, nascosti ai margini di tutto, sfuggiti alla cultura dominante, alla civiltà nascente, che vivono ancora secondo antichissimi rituali. Seguendo i ritmi della Natura, questi popoli ci accompagnano in un lungo viaggio attraverso la storia dell’umanità. Un viaggio che riporta alla mente soprusi e violenze, ma che allo stesso tempo rischiara quell’assopito richiamo che ci lega alla vita. Un grido di speranza affinché l’ultimo custode dell’uomo “com’era”, non abbandoni questa terra all’uomo “com’è”. Perché, senza di loro, è pressoché nulla la probabilità di consegnare alla memoria del tempo l’armonioso canto degli elementi, se quei selvaggi non avranno la possibilità di ricordarci come cantarlo. Se non lasceremo loro quella vita, tanto antica, nel tempo e nello spazio, isolata, selvaggia, se non li lasceremo vivere, perderemo per sempre la nostra possibilità di riconciliarci con la Natura.
Questo libro è un richiamo accorato affinché quell’ultimo popolo, quell’ultimo uomo che ancora è scampato alle grinfie della civiltà, resti selvaggio, lontano da tutto ciò che crediamo civilizzato. Perché in lui possa restare quel segreto inestimabile, in grado di permettereall’uomo civile di capire dove ha sbagliato. Questo libro è un appello affinché quelle che noi crediamo essere azioni umanitarie, progetti ambientalisti, interventi di integrazione sociale si liberino dell’occidentalismo dilagante e si portino dal lato “selvaggio” dell’umanità per riconsiderare ciò di cui davvero questi popoli hanno bisogno.
Questo libro, infine, è una disperata denuncia a quegli uomini civili, che non hanno ancora perso il selvaggio che è in loro e vedono nel diverso una fonte di ricchezza, nella riconciliazione con la Natura l’unica possibilità di salvezza umana, affinché smettano di essere silenziosi spettatori e si facciano paladini del loro diritto alla vita”.
Roberto Cazzolla Gatti
Il paradosso della civiltà, un romanzo in difesa dellei selvaggi e della Natura, è scritto da Roberto Cazzolla Gatti e pubblicato da Adda Editore, ed è reperibile in libreria da Febbraio 2013