Sono passati cinque anni da quando nel nord del Perù è stata repressa in maniera violenta una protesta pacifica degli indigeni Awajùn e Wampis contro alcune leggi che avrebbero facilitato lo sfruttamento delle risorse naturali nei loro territori da parte delle compagnie estrattive. Leggi che rispondevano alle disposizioni introdotte dall'accordo di libero commercio tra Stati Uniti e il Paese andino.
Gli indigeni avevano bloccato un'autostrada vicino alla città di Bagua ma, nonostante un accordo preso con la polizia secondo cui il sit in si sarebbe esaurito nello spazio di alcune ore, le stesse forze dell'ordine hanno attaccato gli indigeni, sparandogli contro. Una scintilla che ha scatenato una vera e propria “battaglia”, con 20 morti (10 poliziotti e 10 dimostranti), oltre 200 feriti (80 centrati da pallottole). Successivamente nella regione sono stati trucidati altri 11 esponenti delle forze dell'ordine.
Adesso una cinquantina di persone, per la maggioranza indigeni, sono state rinviate a giudizio da una corte peruviana. Una mossa che lascia molto perplessa Amnesty International. L'organizzazione che si batte per la tutela dei diritti umani evidenzia come nessun poliziotto abbia subito alcuna accusa, né si sono appurate le responsabilità delle autorità che hanno dato l'ordine di procedere con l'attacco ai manifestanti, mentre per quasi tutti gli imputati le prove a carico siano del tutto risibili.
A preoccupare anche altre realtà che si battono per la tutela dei diritti delle popolazioni indigene, come riporta il quotidiano britannico The Guardian, sono le disposizioni presenti in una legge approvata lo scorso gennaio dal Parlamento di Lima. Questo dettato normativo, denuncia l'irlandese Front Line Defenders, farà sì che “i membri delle forze armate e della polizia in servizio saranno esenti da qualsiasi forma di responsabilità qualora causino la morte o il ferimento di persone tramite l'uso di armi”. Anche l'Ombudsman peruviano e l'Alto Commissariato dell'Onu per i Diritti Umani hanno espresso critiche e forti riserve sul testo.
In un rapporto pubblicato di recente da Front Line Defenders si evidenzia come in questo modo chi si batte per la tutela dei diritti ambientali può ormai andare incontro a ogni tipo di vessazione, dalle minacce, all'aumento esponenziale di procedimenti penali (sebbene la maggior parte si sia poi conclusa con un proscioglimento), al già citato uso delle forza “in estremo eccesso”.
Secondo quanto riferisce Lia Manes su Pagina99, dalla lettura della corrispondenza dell'ambasciatore statunitense a Lima, rivelata da Wikileaks, si apprende che il diplomatico nel 2009 aveva criticato il governo peruviano per la “sua riluttanza nell'impiegare la forza” e ventilato possibili conseguenza sull'accordo di libero scambio “qualora non si fosse fermata la protesta”.