Ancora un attacco violento alle comunità indigene della foresta amazzonica del Marañhao, nel Brasile settentrionale. Lo denuncia il Consiglio Missionario Indigeno, una organizzazione episcopale brasiliana. Tra i feriti, tredici indigeni colpiti con armi da fuoco o da taglio, mentre ad altri due sono state amputate le mani. Secondo l’arcivescovo di Porto Velho, Roque Paloschi, il governo non fa nulla per fermare le sistematiche violenze delle milizie agrarie, che hanno visto un’impennata mentre la lobby agraria del Congresso cerca di cancellare i diritti indigeni alla terra.
Infatti, le riserve indigene, che occupano il 23% della regione amazzonica, sono le aree in cui la foresta è rimasta sostanzialmente intatta, ma fanno gola a allevatori e coltivatori, che vorrebbero abbatterle, con impatti pericolosi anche sul cambiamento climatico.
E di fatto, nelle aree controverse della Gamela, la foresta è stata sgombrata e sostituita con pascolo di bestiame.
L'attacco fa parte di una tendenza inquietante del Brasile che minaccia indirettamente la conservazione di grandi aree della foresta amazzonica. Le mappe satellitari rese pubbliche dall'ISA, una associazione ambientalista, mostrano chiaramente la relazione tra le aree indigene e la conservazione della foresta. Gli indios conservano la foresta perché hanno bisogno delle sue risorse naturali.
E di fatto, nelle aree controverse della Gamela, la foresta è stata sgombrata e sostituita con pascolo di bestiame.
L'attacco fa parte di una tendenza inquietante del Brasile che minaccia indirettamente la conservazione di grandi aree della foresta amazzonica. Le mappe satellitari rese pubbliche dall'ISA, una associazione ambientalista, mostrano chiaramente la relazione tra le aree indigene e la conservazione della foresta. Gli indios conservano la foresta perché hanno bisogno delle sue risorse naturali.
Uno studio pubblicato nel 2014 dall'Imazon, un'altra associazione brasiliana, dimostra che nelle riserve naturali nelle regioni dell'Amazzonia si registra meno del 2% della deforestazione, mentre le aree in proprietà private si concentra il il 59% della distruzione. Perfino le aree protette gestite dal governo, sono soggette a una massiccia deforestazione (il 27%del totale), a causa delle invasioni illegali da parte dei taglialegna e degli agricoltori.
Purtroppo anche le riserve indigene sono ora sotto attacco: le immagini satellitari dell'INPE, l'Istituto Spaziale di Ricerca del Brasile, pubblicate nel nell'ottobre 2016, mostrano come la deforestazione nelle riserve indigene sia quasi triplicata, soprattutto a causa di invasion di taglialegna illegali.
Uno studio condotto nel 2015 dall'IPAM, un'organizzazione costituita dopo il Summit sulla Terra di Rio de Janeiro del 1992 per la ricerca scientifica sull'Amazzonia - riferisce come le aree indigene preservano 13 miliardi di tonnellate di carbonio. Inoltre, secondo l’IPAM, le foreste gestite dagli indios funzionano come una sorta di aria condizionata naturale e come regolatori di clima della regione.
Eppure, nonostante gli evidenti vantaggi di rispettare le aree indigene, non solo per i loro abitanti, ma per tutto il Brasile e per il clima globale, il governo e i politici sembrano più interessati ad aprire la foresta a progetti agricoli e minerari. "Anche se tutto il mondo discute di riduzione della deforestazione per contenere il riscaldamento globale e il Brasile ha allentato perfino i suoi impegni a contenere la deforestazione illegale.” sostiene Sonia Guajajara, coordinatrice della rete dei popoli indigeni in Brasile (APIB). Tra l’annacquamento della normativa ambientale, l'avanzata dell'agribusiness, la costruzione di dighe e le politiche di “sviluppo" del governo, il taglio illegale nelle riserve indigene, sempre più tollerato, la foresta scompare pezzo a pezzo.
La potente lobby dei proprietari di terreni, che domina sia il congresso che il governo, ha presentato 189 emendamenti volte a ridurre i diritti fondiari e l'autonomia delle comunità indigene e delle altre tradizionali. Altri emendamenti sono volti a svuotare la legislazione ambientale.
Un comitato parlamentare d'inchiesta dominato dalla lobby rurale ha anche accusato antropologi e missionari che lavorano con gruppi indigeni di essere rappresentare non meglio identificati "interessi stranieri” e ha richiesto la chiusura delll'agenzia degli affari indigeni del Brasile, il Funai.Il budget di Funai nel frattempo è stato tagliato del 44% come parte del programma di austerità del governo. Uno dei compiti di Funai è quello di proteggere questi gruppi dall'avanzamento dai taglialegna e dei minatori illegali, ma i tagli hanno portato l'agenzia a chiudere la maggior parte delle sue postazioni sul campi, lasciando circa a 5.000 indigeni isolati sul confine con il Perù in balia degli invasori.
Un comitato parlamentare d'inchiesta dominato dalla lobby rurale ha anche accusato antropologi e missionari che lavorano con gruppi indigeni di essere rappresentare non meglio identificati "interessi stranieri” e ha richiesto la chiusura delll'agenzia degli affari indigeni del Brasile, il Funai.Il budget di Funai nel frattempo è stato tagliato del 44% come parte del programma di austerità del governo. Uno dei compiti di Funai è quello di proteggere questi gruppi dall'avanzamento dai taglialegna e dei minatori illegali, ma i tagli hanno portato l'agenzia a chiudere la maggior parte delle sue postazioni sul campi, lasciando circa a 5.000 indigeni isolati sul confine con il Perù in balia degli invasori.
E quando 3.000 indigeni hanno sfilato pacificamente di fronte al Congresso, sono stati accolti con lacrimogeni e proiettili di gomma. E il ministro della giustizia, responsabile di Funai, ha dichiarato di aver tenuto oltre 100 incontri con agricoltori e produttori, ma nessuno con i rappresentanti delle popolazioni indigene del Brasile.