L'Amazzonia Ecuadoriana è lo scenario di maggior biodiversità e sociodiversità di tutto l'Ecuador, con una superficie di 130.832 km quadrati che corrispondono al 45% del territorio nazionale ed al 1.6% di tutta la conca amazzonica. Questa zona è per altro considerata come una delle più importanti perché ospita circa 25.000 specie di piante conosciute che si mantengono attraverso una conservazione millenaria. L'attività che maggiormente è stata causa di distruzione di questa terra è stata l'attività legata all'estrazione del petrolio, come dimostrato dall'esperienza vissuta per trent'anni dagli abitanti delle province di Napo, Sucumbíos e Francisco de Orellana.
Dal lontano 1941 le popolazioni indigene della zona si confrontano con la crescente presenza delle compagnie petrolifere: Shell, ARCO, Tri-Petrol, CGC, AGIP, ENI ecc.
Se da un lato, mediante decreti esecutivi (n° 551 e 552), il Presidente dell'Ecuador ha dichiarato intangibili, protette da ogni tipo di attività estrattive in modo perpetuo, le zone Cuyabeno-Imuya e le terre abitate dagli Huaorani (gruppi Tagaeri e Taromename, Parco Nazionale Yasuni), ben poca cosa è stata fatta per le popolazioni indigene di Pastaza. Qui sono stati conferiti titoli di proprietà a 10 comunità: Pandanuque, Paparagua, Santa Cecilia, Kurintza, Elena, Bellavista, Chuyayacu, San Virgilio, Pitacocha e Liquino. Altre comunità stanno per essere legalizzate. Malgrado la Legge Forestale preveda la proibizione di attività estrattive del sottosuolo nei territori indigeni, il governo si è poi avvalso della Legge sugli Idrocarburi per favorire gli interessi delle multinazionali.
E' così che nel 1992, la Arco Oriente Inc. (una controllata della nordamericana Atlantic Richfield Co.) iniziò l'esplorazione della zona, scoprendo un giacimento nella zona tra i fiumi Villano e Liquino (poi nominata Campo Villano). L'ENI entrò subito in partecipazione con una quota al 40% (attraverso la AGIP OIL Ecuador).
L'arrivo della multinazionale italiana era per altro datato 1987, quando AGIP Petroli acquistava una società per la commercializzazione del GPL, la ESAFI S.A. e, successivamente, istituendo l'AGIP ECUADOR S.A., per operare nel settore estrattivo.
Negli anni successivi, le proteste delle comunità indigene portarono alla firma di alcuni accordi. Agli stessi (1998-1999) parteciparono per lo stato e la parte impresariale: alcuni rappresentanti del consorzio ARCO/AGIP, Petroecuador, e Ministero per l'Energia e le Attività Minerarie; per le organizzazioni indigene: OPIP (Organizzazione dei Popoli Indigeni di Pastaza), FIPPRA (Federazione Indigena dei Popoli di Pastaza e della Regione Amazzonica) ed Asodira (Associazione per lo Sviluppo Imdigeno della Regione Amazzonica), organizzazioni che si unirono successivamente nel Fronte Indigeno di Pastaza (FIP).
Tra i punti più importanti accordati nel documento "Gli Intendimenti sull'Accordo del Piano Texas", l'ARCO/AGIP si impegnava a realizzare una valutazione dell'impatto ambientale del periodo di esplorazione ed a elaborare uno Studio di Impatto Ambientale, oltre che un Piano di Amministrazione Ambientale, per il periodo di sfruttamento.
Arco, in realtà, non ha mantenuti i propri impegni, realizzando degli studi unicamente nell'area dei pozzi di esplorazione e non sulle vie di comunicazione. Di fronte al mancato rispetto degli accordi da parte dello Stato e dell'ENI, le comunità di Amazanga e San Virgilio hanno presentato un ricorso di Protezione Costituzionale. Il 7 Aprile 2000, la Corte di Pastaza ha risposto negativamente al ricorso, affermando, tra le altre cose, che il pagamento per opere e servizi deve essere considerato una adeguata indennizzo.
Nel frattempo, nel 1999, l'ENI ha esercitato il diritto di prelazione per l'acquisto del rimanente 60% del Campo Villano, divenendone unica proprietaria.
Le organizzazioni indigene continuano ad appellarsi al Accordo Internazionale n°169 della Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), accordo che è per altro incluso nell'attuale costituzione dell'Ecuador e che prevede l'obbligo di consultare i popoli indigeni, di rispettare i loro interessi, le loro istanze organizzative, di assicurare loro benefici per le attività che si sviluppano nel loro territorio e l'indennizzo per gli impatti ambientali.
Secondo l'articolo 88 della costituzione ecuadoriana ogni decisione statale che possa danneggiare l'ambiente, dovrà previamente godere del parere favorevole della comunità, ragione per cui questa sarà dovutamente informata, garantendo la legge la sua partecipazione.
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I danni occasionati dalla compagnia ENI/AGIP:
1. Fuoriuscite di petrolio causato dall'oleodotto Triunfo-Villano. I nostri sentieri si trovano attualmente bloccati dalle tubature dell'oleodotto, ciò costituisce un problema serio per gli abitanti che circolano giornalmente.
2. I fiumi Curaray, Ceslao Marin, Liquino, Chambira, Cupal sono sempre stati vitali per le nostre comunità, ma oggi sono contaminati dalle fuoriuscite di petrolio del loro oleodotto, da frane provocate dalla presenza dell'oleodotto, da spargimenti di olii di motore, ossidazione di tubi e scoli, che hanno provocato malattie, infezioni della pelle, diarree, mal di testa .. agli abitanti, come anche la morte della fauna acquatica e di animali domestici.
3. La presenza dell'ENI/AGIP ha provocato l'allontanamento di tutti gli animali selvatici esistenti come: tapiri, ungulati, cervi, scimmie, tucani, pappagalli ed altre varietà di animali selvatici che sono propri di questo habitat.
4. Gli accampamenti petroliferi istallati nei nostri territori di San Virgilio hanno provocato la contaminazione dei ruscelli vicini alle abitazioni per l'istallazione di sistemi fognari che sboccano nei fiumi senza nessuna prevenzione della possibile contaminazione. Inoltre si sono istallati siti per l'accumulazione di rifiuti plastici, materiali ferrosi, grassi e metalli.
5. La compagnia ENI/AGIP nelle comunità ha causato divisioni e conflitti tra i vicini, tra persone e famiglie, con l'inganno e comprando le coscienze.
6. Questa impresa petrolifera ci proibisce il passaggio ai nostri territori, militarizzandoli con guardie di sicurezza come anche con l'istallazione di fili elettrici, attentando alle nostre vite.
7. I tubi degli oleodotti istallati nei nostri territori sacri non compiono con lo spessore richiesto, dal momento che sono meno spessi di quanto stabiliscono le regole. A breve si romperanno per la forte pressione del liquido e, rompendosi, contamineranno irrimediabilmente la flora e la fauna esistenti.
8. L'articolo 84 C.P.E al comma 1 afferma che bisogna mantenere, sviluppare e rafforzare l'identità e le tradizioni tanto nello spirituale come a livello culturale. L'ingresso della compagnia ENI/AGIP nei territori indigeni, come quello di San Virgilio, viola il nostro diritto a mantenere la nostra identità come popoli tanto a livello culturale come spirituale. Questi territori sono considerati come luoghi sacri, che sono parte delle nostre tradizioni, della nostra visione del cosmo e costituisce l'essenza stessa della nostra identità.