Una nuova strategia proposta da compagnie petrolifere come ENI e Shell: piantare alberi come “compensazione”. Non si tratta solo di greenwashing (ideata gli impatti ambientali del proprio business), ma un ulteriore ondata di devastazione ambientali. Infatti dietro il “rimboschimento” si nasconde il realtà l’espansione di piantagioni industriali a scopo commerciale, con conseguenze come deforestazione, land-grabbing e devastazione di habitat.
 
L'ENI è impegnata nell’accaparramento di nuove riserve di gas nel nord del Mozambico. Per anni, la compagnia ha bruciato i gas emessi dai pozzi, creando gravi problemi all’ambiente del delta del Niger e al clima globale. Malgrado dal 2011 l’ENI abbia promesso si fermare questa pratica, il “gas-flaring” è ancora praticato in Nigeria. L'anno scorso, la comunità nigeriana di Ikebiri ha portato l'ENI in tribunale per l'inquinamento della loro terra e della loro acqua. La compagnia è sotto processo anche in Basilicata per aver scaricato illegalmente rifiuti pericolosi nell’ambiente. 
 
Ora l’ENI promette di nuovo di mettere fine al gas-flaring e ha tirato fuori dal cappello una nuova strategia, annunciando la piantumazione di 8,1 milioni di ettari di alberi in Mozambico, Sudafrica, Ghana e Zimbabwe. L’amministratore delegato Claudio Descalzi ha annunciato l'obiettivo di ENI "raggiungere zero emissioni nette entro il 2030”. Anche la concorrente Shell ha presentato un piano analogo per ridurre la sua "impronta di carbonio netta di 2% -3%. 

 

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