Port Moresbury, 27 novembre 2008 - il traffico dei crediti di carbonio sulle foreste non è ancora stato regolamentato e già segna i primi conflitti. Il governo della Papua Nuova Guinea è accusato dalle comunità indigene di voler profittare sulle proprie terre.
La Papua Nuova Guinea ha infatti premuto per inserire le foreste negli accordi internazionali sul clima, per ottenere compensazioni in cambio della protezione delle foreste.
In questo modo, nell'ambito del meccanismo dei REDD (Reducing Emissions from Deforestation and Degradation), paesi come la Papua Nuova Guinea riceverebbero fondi per le mancate emissioni da deforestazione. Il meccanismo dei REDD, sostenuto da governi, grandi associazioni e dalle agenzie internazionali, come la Banca Mondiale, dovrebbe essere volto ad armonizzare lo sviluppo e la protezione dell'ambiente, ma rischia di scatenare nuovi interessi e conflitti. Tra questi il controllo sulla terra.
Secondo la costituzione, in Papua Nuova Guinea la terra (e la foresta) appartiene alle comunità indigene che la abitano. Ma il governo si è assicurato il diritto di incamerare profitti con i crediti sul carbonio. Un governo endemicamente afflitto da corruzione e favoritismo.
"E' davvero difficile fidarsi del governo della Papua Nuova Guinea - ha dichiarato Ken Mondiai, dell'associazione Partners with Melanesia - la sua gestione delle foreste e dei settori estrattivo, minerario e forestale è stata pessima. Come possiamo ipotizzare un'equa gestione delle risorse? L'ufficio che dovrebbe gestire tutto il processo non è stato neppure costituito, ed è difficile trovare qualcuno che sappia cosa significhino concetti come cambiamento climatico e carbon offset. Non ci sono politiche, ma già si fanno i conti e si spartiscono le quote. Servono trasparenza e buona gestione".