Mentre infuriava lo scontro elettorale appena vinto da Humala, un cittadino italiano titolare di una concessione nell'area di Iquitos ha denunciato alla magistratura la rete del taglio illegale nella sua regione. Illegalità e corruzione sono stati alcuni dei temi chiave dello scontro elettorale, e il caso di Iquitos può forse aiutare a capire la posta in gioco e i possibili sviluppi, a partire da uno "spaccato" dell'Amazzonia peruviana.
Nato a Roma, nel 1953, Francesco Mantuano studia medicina, e lavora per alcuni anni, nel settore edile. Giunto nell'Amazzonia peruviana, diviene titolare di una concessione forestale in una area particolarmente ricca di biodiversità. Nel maggio 2011 deposita una denuncia alla procura di Loreto citando nomi e fatti circostanziati del taglio illegale nella zona di Iquitos. Gli abbiamo posto alcune domande.
Lei ha recentemente denunciato attività di deforestazione illegale nella sua regione. Può spiegare di cosa si tratta?
Più che deforestazione in senso stretto, si tratta di taglio di alberi illegale e selettivo delle specie più richieste dal mercato. La rimozione totale della foresta per fare spazio ad attività agricole o all'allevamento di bestiame, è ancora scarso nell' Amazzonia peruviana. Il taglio illegale, fuori dai rigorosi parametri richiesti dalla Legge, sia dentro le Concessioni Forestali già assegnate che nei territori delle Comunità Native, sia nei territori "liberi" di pertinenza statale perché ancora assegnati in concessione o perché protetti come "riserve" o come parchi regionali e nazionali. Non c'è un solo angolo dell'Amazzonia peruviana che possa dirsi al sicuro dal taglio illegale, e perfino le proprietà private vengono saccheggiate.
In realtà, la prima parte del sistema non rientra nella mia denuncia: la struttura che protegge con coperture amministrative l'attività in foresta e il trasporto lungo fiumi e strade, fino alle segherie compiacenti, per poi essere esportato all'estero.
Qual è l'entità del taglio illegale nella sua zona?
La percentuale più probabile si aggira attorno al del 90%, sia nella zona della mia concessione che ovunque; anche se per motivi politici vengono presentate stime molto inferiori (sempre elevate, dell' ordine del 40-50 per cento) in base alla mia esperienza personale nella zona e quanto mi riferiscono gli altri concessionari il 90 per cento è la stima più credibile. In questa quota rientra il legname estratto in concessioni legali, violando però le quantità e parcelle annuali (in cui sono suddivise le Concessioni ai senso della legge) o al di fuori dai parametri previsti e dai permessi assegnati: il fatto è che ognuno taglia dove l'accesso è più favorevole e dove trova più legname di pregio... il restante 10% si pò dire che rientri nella "casualità statistica" !
Quali sono i danni ambientali e sociali di queste operazioni?
Anche se il taglio, come dicevo, è selettivo, concentrato sulle specie richieste dal mercato, il taglio illegale ha un impatto molto forte sull'ecosistema, non solo perché abbatte alberi dove non sarebbe previsto, ma anche perché le pratiche di taglio sono molto più sommarie: non si pone alcuna cura nell'apertura di spazi intorno agli alberi da tagliare, di percorsi nei quali trascinare i tronchi tagliati, o delle "piazzole di stoccaggio": tutte pratiche che se mal condotte aumentano il danno alla foresta. Ci sono poi anche danni alle rive dei fiumi: quando vengono abbattuti alberi tipici di questo micro-ambiente, si provocano nel tempo frane, anche piccole nell'immediato, ma alla lunga rilevanti. C'è poi da considerare che gli operatori illegali pescano e cacciano nelle aree dove vivono anche per mesi, e nella stessa maniera indiscriminata, provocando gravi danni alla biodiversità, oltre a raccogliere spesso animali terrestri; e cortecce e essenze, curative o per liquori, da certi tipi di alberi. Questi ultimi sono prodotti sempre più richiesti dal mercato estero (…paradossalmente proprio dagli amanti della medicina naturale) e che porta spessissimo alla morte degli alberi. Questi fattori non sono "contabilizzati" ma alla fine il loro impatto è considerevole. Il risultato generale non si limita a un tagliaboschi che si porta via dei tronchi, ma si estende a una depredazione capillare di tutto quello che è possibile portare via. I lavoratori illegali si trovano in una condizione di semi-schiavitù: fanno turni di lavoro massacranti, con cibo scarso e spesso insicuro, sono vittime di serpenti, parassiti e malattie, tra cui prevalgono la malaria e la dissenteria…. e cercano così di compensarsi e "arrotondare" i loro guadagni, quasi inesistenti. Purtroppo questo sistema compromette la capacità di auto-sostentamento dei locali, nativi e non, consideriamo che oramai la foresta primaria, quella che comunemente viene detta foresta vergine, è ormai ridotta al 5-10 per cento.
...E i danni sociali?
Innanzitutto le spaventose condizioni di lavoro in foresta cui i boss del legno illegale costringono i propri lavoratori, sia che siano stati reclutati nella zona di taglio, o che siano portati da altre zone. Questi lavoratori guadagnano praticamente solo quello che gli serve a vivere mentre lavorano…. è quasi impossibile che rientrino a casa con del denaro; anche perché nel caso remoto che riescano ad accumulare un credito, questo non viene loro saldato, mentre i debiti sono utilizzati per tenerli in stato di semi-schiavitù.
Ma a parte questo danno non irrilevante per le persone coinvolte, il principale danno sociale consiste nella diffusione della mentalità predatoria su cui si basa la cultura del taglio illegale e dell'impunità, che a sua volta "contagia" a tutto l'ambiente sociale. E così prolificano decine di attività altrettanto illegali e dannose, dalla pesca con veleni chimici, alla caccia eccessiva, al saccheggio della biodiversità animale e vegetale. Per finire col brigantaggio fluviale, con le miniere illegali di oro (e il rilascio di mercurio e altri inquinanti), la tratta di minori, il contrabbando e le piantagioni di coca, in rapido aumento nell' Amazzonia peruviana. Spesso queste attività fioriscono in complicità con i "madereros" illegali, che riforniscono di viveri, attrezzature e sostanze chimiche i narcotrafficanti (i quali, per ovvie ragioni, preferiscono rimanere appartati).
Il risultato è il diffondersi di una mentalità auto-depredatoria e di sfiducia verso la Legge …. Una mentalità difficile da contrastare, anche perché la Legge e lo Stato sono totalmente assenti e si fanno vedere solo con imposizioni e intromissioni, solitamente in favore delle grandi imprese sfruttatrici (soprattutto le compagnie petrolifere).
Tenga conto che il primo fattore di distruzione della foresta, ancor più del taglio illegale o dello sfruttamento petrolifero, è la disgregazione socio-culturale dei suoi abitanti, non tutti definibili come Nativi; il risultato è una sorta di estrema "micro-capillarizzazione" del danno ambientale. Non è più possibile distinguere i tra danno ambientale e danno sociale, sono fattori inestricabilmente connessi! Basti pensare che entro 10 o 20 anni, una generazione, non ci sarà più gente capace di vivere nella foresta e di accudirla come è stato fino ad oggi. O almeno non ci sarà nella quantità necessaria. E allora cosa si dovrà fare? Importare personale da altri continenti? È una provocazione, anche perché lo stesso fenómeno si sta verificando in Africa, a Sumatra e nel Borneo….
Che intende con "disgregazione socio-culturale degli abitanti dell'Amazzonia"?
Le rispondo citando un mio triste neologismo: si sta formando in Amazzonia il "pueblo licuado surtido" ossia un popolo "frullato misto", risultato della integrazione forzosa dei mille pezzetti di quelli che erano stati i Popoli Amazzonici, spesso diversissimi nonostante le apparenze di un osservatore europeo. Non sarebbe la prima volta che si assiste a questo equivoco, il risultato di un'inurbazione feroce causata dall' abbandono dei territori da parte delle Autorità e alla impossibilità di continuare il proprio stile di vita tradizionale sotto la spinta delle ineludibili "necessità moderne". Si può discutere poi quanto siano davvero moderne, ma sicuramente stanno soffocando il modo di vita tradizionale…. vengono tutti in "città", dove sono completamente de-capacitati alla vita che trovano e cadono vittima di forme selvagge di sfruttamento: lavoro duro, sfruttamento sessuale, perfino sfruttamento politico dato che il voto elettorale si compra con 10 dollari. E così si perde un grande patrimonio di cultura tradizionale e di saggezza, le capacità pratiche e tradizioni ancestrali, e intere culture vengono ridotte a "plastica antropologica" indifferenziata: si dissolvono i vincoli familiari, pratiche religiose ancestrali, come ad esempio i riti funebri. Al loro posto prolificano le sette evangeliche più bizzarre e variegate, che letteralmente saccheggiano questo "magazzino antropo/plastico" per creare dei piccoli ma disciplinatissimi potentati politico-economici, molto spesso dediti al legname illegale e alla coca…. "Pueblo Licuado Surtido"….riconosco che sia un triste neologismo, però reale e misconosciuto…. che molti qui o non capiscono o accettano con un sordo rancore…..
Come è possibile che attività forestali di questo tipo siano portate avanti senza alcun controllo? Le imprese che praticano il taglio illegale godono di relazioni nelle istituzioni, o si tratta di un tipico caso di latitanza dello Stato?
Sono vere le entrambe le cose…. non bisogna pensare al taglio illegale come a un ladro che penetra in casa la notte… il taglio illegale "bruto" è la punta dell' iceberg di un vero e proprio sistema produttivo parallelo ben organizzato e protetto, dato che per l' industria peruviana esportatrice di legname, il taglio illegale significa rifornimento sicuro delle specie e nelle quantità richieste dal mercato internazionale: gli stretti vincoli ufficiali imposti alle Concessioni per tranquillizare l'opinione pubblica internazionale non permetterebbero di soddisfare le richieste del mercato. Inoltre, fatto non trascurabile, il legname di origine illegale e predatoria è molto più economico: è stato ampiamente dimostrato che lavorare nel rispetto di tutti i vincoli di legge non è neanche lontanamente remunerativo, a questi prezzi…. per questo quasi tutti i Concessionari preferiscono vendere i loro permessi "in bianco" agli operatori illegali, che li utilizzano come copertura dell'estrazione illegale…. (qui si chiama "vendere volumi", di legname…).
Non sta esagerando? Come è possibile che non sia remunerativo il prelievo di legname pregiato, dato il suo prezzo di mercato?
Mi riferisco ai prezzi alla produzione. In realtà il legname è svalutato da un dumping al ribasso, mentre dovrebbe avere sul mercato un prezzo molto di più alto, almeno 10 volte. Basti pensare che il legno non si produce in una fabbrica, e ha bisogno di molti anni e delle circostanze adatte per crearsi, per tutto questo tempo occupa uno spazio, e soprattutto è insostituibile. Il fatto è che il vero guadagno lo fa chi controlla la catena intermedia tra la foresta e il prodotto finito, e qui ritorniamo al "sistema" del taglio illegale che parte dalla foresta e da lavoratori sfruttati in condizioni semi-schiavistiche e arriva all'esportazione di tavole e semi-lavorati… C'è poi l'industria trasformatrice, quasi sempre dei paesi industrializzati, e se andiamo a vedere quanto incide il legno sul costo di un mobile di pregio, spesso il valore non supera l'uno per cento!
Dai dati pubblicati da Wikileaks, sembra emergere che il governo peruviano da anni fosse ben consapevole dell'entità del taglio illegale, malgrado abbia pubblicamente negato. Cosa le fa pensare che le investigazioni in corso ripresentino una autentica svolta?
Attualmente non è in corso alcuna investigazione ufficiale…. forse e magari inizieranno a partire dalla mia denuncia.!... d' altra parte una cosa è il Governo, altra è la Magistratura, anche in un Paese dove la strutturazione gerarchica influisce molto sull' efficienza della struttura statale. Bisogna considerare che la mia è la prima denuncia contro la struttura di protezione al taglio illegale di legname nel suo complesso, nel senso che inizia dalla foresta e finisce agli organismi di controllo regionali e nazionali. Fino ad ora le denuncie si sono basate su singoli casi specifici di taglio illegale, e sono comunque state un fatto raro, quasi mai conclusosi con delle condanne. La mia è la denuncia di un intero "sistema", anche se chiaramente passa per casi e persone particolari, dato che la mia integrazione nel mondo forestale mi pone in un punto di osservazione privilegiato. I corrotti e gli illegali diranno che sono un traditore , o un infiltrato degli ambientalisti…. Io mi ritengo una sorta di "Wikileaks autonomo, nel senso che ho trovato da solo le carte su cui siu basa la denuncia....
Ora tocca all'autorità giudiziaria peruviana continuare le indagini: non ho il potere di bloccare i carichi di legname, richiederne la documentazione, ispezionare le concessioni forestali, perquisire le segherie e i magazzini, analizzare i libri contabili delle imprese locale delle esportatrici della capitale… tutte misure che farebbero emergere la realtà del taglio illegale, ma che raramente vengono intraprese.
Non c' è alcuna garanzia che tutto ciò abbia un seguito effettivo, in qualche modo questo potrebbe dipendere anche da risultato elettorale delle elezioni presidenziali nelle quali si sono confrontate due mentalità e visioni socio-economico-ambientali: quella auto-depredatoria e auto-colonizzatrice e un tentativo di ribaltare il corso attuale.
Ma devo dire che la situazione forestale peruviana è ormai oltre l'orlo del collasso, sia dal punto di vista ambientale che umano ed economico. Senza una terapia d' urto, le conseguenze minacciano di essere gravissime, e di scatenare una conflittualitò incontrollabile. Diciamo che questa denuncia è un po' una cartina al tornasole per capire le reali intenzioni del Perù….
Sono forti le resistenze dell'industria al controllo del taglio illegale?
Sono discrete e fortissime…. ma non hanno alternativa: nei Trattati di Libero Commercio stipulati con molti Stati (basti ricordare USA, Europa, Giappone, Canada, Corea del Sud….) il Perù si impegna a ripulire il proprio settore forestale, avviando una efficace lotta al taglio illegale e alla corruzione amministrativa che lo sostiene: le Amministrazioni degli Stati firmatari di questi trattati, sanno benissimo che il settore forestale peruviano è in mano alla illegalità e alla corruzione e non accetteranno che questo Paese continui ad "esportare" illegalità e corruzione attraverso la falsificazione a monte della documentazione: le faccio l'esempio del Lacey Act, che negli Stati Uniti vieta l'importazione in USA di esemplari di flora e fauna selvatica, ed è stato recentemente ampliato al legname. Questa legge prevede che gli Stati Uniti possano richiedere al Perù l'estradizione di esportatori peruviani di prodotti di origine illegale. Questa ipotesi terrorizza letteralmente i produttori e gli esportatori locali…. l' ho constatato personalmente in occasione della presentazione di questa Legge a Iquitos da parte di funzionari del Servizio Forestale statunitense, venuti appositamente per spiegarne le conseguenze giudiziarie. Presto anche i funzionari amministrativi peruviani si sentiranno "sotto mira". Pochi mesi fa é stata approvata una legge altrettanto severa anche dalla Commissione Europea, che è in attesa di approvazione al Parlamento: dovreste spingere l'opinione pubblica europea a richiedere una normativa rigorosa, affiancata da aiuti strutturali. Tempo però che dall'Europa non si capisca appieno la gravita della situazione amazzonica.
Cosa l'ha spinta a denunciare il caso di taglio illegale?
Appena arrivato in Amazzonia, che comunque già conoscevo, mi sono reso conto che l'industria del legname si basa sullo sfruttamento predatorio dell'uomo e dell'ambiente. Avevo due alternative: restare coinvolto in questa rete criminale, o lavorare nella mia concessione con la conservazione ambientale, come prospettiva futura per l'Amazzonia. Ovviamente o scelto quest'ultima, sostenuto dalla eccezionalità ambientale e topografico-geologica della mia concessione, e dall' appoggio entusiasta della Comunità Nativa presenti nella concessione, verso una proposta di creare un' area dedicata allo studio scientifico e all'ecoturismo. Inutile dire che sono stato boicottato dalle strutture amministrative regionali e ministeriali, anche quelle che dovrebbero proteggere l'ambiente e dai ""colleghi concessionari", in maggioranza implicati nelle pratiche illegali. Purtroppo anche organismi di studio, nel timore di schierarsi, hanno evitato il coinvolgimento. Lei debe sapere che "ambientalista" a Iquitos, è considerato un insulto, sinonimo di "affamatore del popolo", o di parassita nullafacente. Varie volte ho ricevuto minacce, anche di morte; alle quali quindi ho risposto con questa denuncia, per impedire che il "meccanismo mafioso" prevalga impunemente.
Inoltre il taglio illegale, e le altre illegalità pongono in serio rischio la sopravvivenza del particolarissimo ambiente della mia concessione, con le sue colline coperte di "foresta primaria" abitate da farfalle e pantere nere, così come la Cocha Brava ( Laguna selvaggia) che credo si possa considerare un micro-ambiente ormai unico nella stessa Amazzonia. Non potevo restare a guardare, è stata una decisione anche combattuta, speravo di poter fare qualcosa di buono evitando conflitti, ma alla fine ho dovuto scegliere tra l'integrarmi al "sistema illegale" o mettermi sulla sua strada.
Non teme rappresaglie, per aver denunciato i boss del legno illegale?
Questi non sono "i Boss"…. sono degli arrivisti affannati, di mezza tacca, che cercano una malsana e incerta fortuna…. i Boss si trovano a Lima e chissà dove; molti riciclando denaro sporco del narcotraffico attraverso l'esportazione del legname. Comunque, sì, temo rappresaglie, ma cosa devo fare? In parte sono avvantaggiato dal fatto di essere uno straniero, un "Gringo", e una rappresaglia potrebbe fare notizia, forse troppa…. E risultare controproducente per i malintenzionati che sono stati denunciati con nome, cognome e fatti circostanziati …. vista la loro solo relativa e provvisoria importanza, c'è da sperare che i veri Boss non si scomodino per dei pesci piccoli e preferiscano evitare notorietà. in questo mi aiuta anche la diffusione dell'informazione attraverso Salva le Foreste ed altre entità che ho già contattato…..
Ci sono stati casi di violenze e rappresaglie nella sua zona?
Si, ci sono stati, nascosti tra le pieghe della piccola cronaca nera. Si tratta di casi di singole persone che non hanno ceduto ai vari piccoli ricatti e alle estorsioni quotidiane. Non si tratta di casi eclatanti, anche perché non ce n' è mai stata la necessità…. il sistema mafioso è diffuso e accettato, considerato dai più come parte dell'ordine naturale delle cose…. Purtroppo in Perù il sicariato è un' industria attiva e fiorente, per pochi soldi si uccide, spesso cercando di far ricadere la colpa sulla vittima, come nel clamoroso caso di Padre Mario Bartolini, il parroco di Barranquilla, presso Tarapoto (provincia di San Martìn), che è sfuggito ad un attentato, ma è lui ad essere stato processato, perché si oppone proprio alle illegalità forestali…. e non ha nessun aiuto!
Le autorità non intervengono?
La causa di questo degrado risiede principalmente della cultura statale e istituzionale del Paese, che ha sempre basato il suo rapporto con l' Amazzonia sull' auto-colonialismo e sull' auto-depredazione, fin dai tempi del Virreinato spagnolo, in realtà mai sradicato dalla cultura istituzionale. L'amministrazione, la giustizia e il servizio sanitario, in Amazzonia, sono grandi assenti. Le genti dell'Amazzonia sono state abbandonate nelle mani dello sfruttamento. Non si tratta di una necessità o di carenza di mezzi, ma di un calcolo politico, volto ad avvantaggiare i gruppi che operano nella zona. Sono passati quasi due secoli dall' inizio dello sfruttamento più o meno "sistematico" dell' Amazzonia, che adesso "é umanamente pronta" alla sua svendita alle multinazionali….
Alcuni ritengono che la deforestazione sia una tragica necessità per alimentare lo sviluppo dei paesi più poveri, e alla fine il danno sarebbe compensato con i benefici dello sviluppo. Questa tesi trova riscontro pratico, nella sua esperienza?
È una visione assolutamente irrealistica, neanche merita il nome di "teoria". la foresta, una volta abbattuta, non produce niente, dato che non vi sono terreni idonei all'agricoltura produttiva, almeno non nelle estensioni necessarie. Al contrario, la deforestazione accelerata distruggere i suoli, i microclimi e tutto l'ambiente e le risorse di sussistenza della popolazione (la raccolta nel bosco, la pesca, la caccia, la piccola agricultura, le erbe medicinali, il legname, ecc.) spingendola inesorabilmente all'urbanizzazione, che già ora ha raggiunto i livelli di guardia. Nella regione Loreto la metà della popolazione già vive - malissimo e sfruttata in tutti i modi - nella Capitale Iquitos: mezzo milione di persone (ufficialmente) in una striscia di terra di dieci chilometri per 2-3 cihlometri. Nè sarebbe possibile impiantare industrie in un'area remota, senza le necessarie infrastrutture. L'esempio di Manaus, divenuta una potenza economica, non calza le condizioni dell'Amazzonia peruviana, tanto più a fronte della cronica latitanza dello Stato. Alla fine la deforestazione non lascia dietro di sé proprio nulla: non è che una attività parallela allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas. Le piantagioni da mono-cultivo, magari transgeniche, per produrre bio-combustibili, dovranno necessariamente spostarsi man mano che i terreni si impoveriscono, o fare un grande uso di concimi chimici. A meno che non si punti alla sfruttamento delle capacità idriche (in Amazzonia Continentale scorre il 18% dell'acqua dolce del pianeta, se non si contano i ghiacci dei Poli) e infine alla trasformazione del suo spazio geografico in spazio geo-politico, da modificare con strade, ferrovie, aeroporti, dighe e centrali idroelettriche, città e centri minerari, quando il cambiamento climatico avrà modificato altrettanto profondamente lo spazio topográfico-ambientale rendendolo adatto ad una penetrazione capillare. Ma questo è uno scenario ancora lontano, e per ora ancora non realistico impossibile. No, non ci sarà alcun beneficio dalla deforestazione dell'Amazzonia, almeno non per la sua popolazione; solo il danno, gigantesco e irreversibile, la distruzione del più noto "polmone del Mondo". Purtroppo la foresta, abbandonata e depredata, sta già iniziando a emettere carbonio e gas metano, proprio a causa del taglio indiscriminato, degli incendi, e della decomposizione di biomassa nelle foreste abbandonate o mal gestite. Io che sono un grande fumatore, posso dire qualcosa di questi "polmonari miti amazzonici".!....
Ci sono delle alternative?
L' unica alternativa è fare dell' Amazzonia uno "spazio ambientale" ben gestito che garantisca al mondo "una boccata d' ossigeno" in più…. "Un Dia en màs para la Tierra", un giorno in più per la Terra, era il motto del progetto ambientale che avevo proposto alle locali Autorità. La necessità di proteggere il clima non può prescindere dall'Amazzonia. Così come ci sono spazi e ambienti nel Pianeta destinati alla produzione agricola, industriale, di servizi o alle comunicazioni, allo stesso modo bisogna organizzare lo "spazio Amazzonico" per fini specificamente ambientali, approfittando della sua relativa salute ambientale e della scarsa popolazione presente (30 milioni di persone in tutta l'Amazzonia Continentale)…. è un "investimento" come un altro, specie considerando che l'umanità sta consumando il pianeta a ritmi sempre più frenetici…..
Può fare qualche esempio concreto?
Anche se non sono all' altezza di disegnare una strategia effettiva e completa, ma alcuni esempi credo che siano alla portata di tutti:
* evitare progetti di espansione agricola e di deviazione idrica dai bacini amazzonici ai bacini costieri del Perù, che impoverirebbero il corso dei fiumi amazzonici, abbassando la falda idrica e modificando la vegetazione della foresta, causando la morte per aridità delle foreste umide e, provocando quindi gigantesche emissioni di CO2 e di Metano (la vegetazione richiede secoli per adattarsi ad un mutamento della disponibilità di acqua). Tanto più che per il 2020 si dà per sicura la perdida dei ghiacciai andini al di sotto dei 5.000 metri, con il conseguente impoverimento della portata dei fiumi: l'insieme dei due fattori porterebbe, oltre che alle modificazioni vegetative e alle emissioni massicce appena citate, anche alla modificazione della vita acquatica e una carestia generalizzata delle risorse ittiche, oltre che a tremendi problemi di comunicazioni fluviali in tutta l'Amazzonia (dappprima stagionali e quindi costanti nell' anno) con intuibili gravissime emergenze umane, sociali, sanitarie, economiche, ecc. Basti pensare che i 500.000 abitanti di Iquitos si riforniscono esclusivamente via fiume (oltre che per via aerea). Cisa accadrebbe se il Rio Amazonas, come quest' anno, diventasse impercorribile? Lo stesso vale per le innumerevoli località della regione.
* eliminare il taglio illegale attraverso la reale e capillare presenza dello Stato nei territori, sotto forma di amministrazioni funzionanti e collaborative con la popolazione, lotta alla corruzione, struttura giudiziaria e di polizia, assistenza sanitaria e sistema educativo, progetti di formazione professionale (in grado di promuovere una produzione locale in armonia con la foresta); e ancora, strutturazione in cooperative dei produttori forestali, concessione di crediti, assistenza per l'acceso al mercato nazionale ed estero: in circostanze simili chi si rivolgerebbe piú alla rete illegale per avere un minimo di reddito, col rischio di perderlo a causa delle truffe e della prepotenza?
* destinare alcune aree al prelievo del legname commerciale sotto stretti vincoli ambientali e scientifici, ben controllati da amministrazioni ripulite dalla corruzione.
* agevolare l'utilizzo locale di legname per usi tradizionali, come abitazioni o imbarcazioni: questo comporta, tra l' altro, la eliminazione della raccolta di legna per cucinare, che incredibilmente é 7-8 volte superiore per volume a tutto il taglio di legname del Perú, cosa possibile con la diffusione di cucine familiari già sperimentate con successo, alimentate col metano prodotto dagli scarti alimentari e vegetali.
* eliminazione progressiva dell'agricoltura tradizionale migrante (taglia e brucia), che distrugge 35 volte piú alberi della produzione totale di legname, praticando il taglio a raso. Una pratica non più sostenibile ora che la popolazione amazzonica ha raggiunto i 30 milioni ed è in rapida crescita.
* destinare grandi zone all' attività di "deforestazione evitata" per ricevere gli indennizzi internazionali che non possono piú tardare ad arrivare, pena la catastrofe naturale planetaria; tenendo conto che anche in queste aree si potrebbe, ed anzi dovrebbe, estrarre legname: quello di alberi vecchi e malati che producono CO2 e Metano per decomposizione vegetale.
* produzione capilarmente locale ed autonoma di energía elettrica attraverso il solare e la corrente dei fiumi.
* inclusione delle cooperative locali nei programmi dell'ONU o del mercato equo e solidale, utilizzando i mille prodotti "di nicchia" ottenibili dalla Foresta.
* ribaltare l' attuale processo di inurbazione e spopolamento attraverso la creazione di lavoro nella foresta, con progetti anche ridotti ma capillari e ben accuditi.
* difesa e amplimento delle capacità culturali proprie dell' Amazzonia, invece di imitare le mode che vengono dell'industria culturale massificata: sarà comunque impossibile difendere l' Amazzonia senza difendere la sua gente e il patrimonio insostituibile della sua cultura.
Ma le alternative sono molte di piú di queste appena abbozzate. La foreste è un ambiente variegato e differenziato, che si presta a mille opportunità pratiche, anche se di scala ridotta e per questo fuori dall' ottica "macro-economica". È il caso degli allevamenti semi-liberi di pesci nelle lagune o di animali in foresta, anche perché la pressione demografica sta impoverendo drasticamente le popolazioni selvatiche. Alla fine dei conti le alternative dipendono dalla volontà politica: non ci sono scuse per nessuno!