L'assalto è cominciato. La porzione occidentale della Nuova Guinea, sotto il controllo indonesiano, è il target predestinato: foreste incontaminate e territori indigeni. A pianificare l'assalto è un piccolo ma deciso gruppo di imprese, lanciate all'assalto del mercato dei prossimi decenni: il biodiesel.
Una serie di investigazioni sul campo condotte dall'Environmental Investigation Agency, assieme all'associazione indonesiana Telapak, hanno portato alla luce il massiccio il metodico processo di sequestro delle terre indigene per sostituire la foresta con piantagioni di palma da olio.

Le comunità vengono ingannate con promesse di sviluppo o più semplicemente rimosse con la forza dalle proprie terre ancestrali, mentre une delle più grandi e intatte foreste pluviali viene cancellata dalla faccia della terra. Il rapporto Papua, the last frontier denuuncia casi limite, come bambini di otto anni forzati a firmare la cessione delle terre per conto dei propri genitori. Quando i terreni vengono pagati, i prezzi sono irrisori, e oscillano tra i 54 dollari l'ettaro e un dollaro e mezzo per ettaro. La foresta viene poi rimossa senza aspettare i permessi previsti dalla legge, e il governo chiude un occhio, anzi due.

"Le imprese imbrogliano i papuani e li costringono a cedere loro le terre, con promesse vuote, mentre il governo copre loro le spalle in nome dello sviluppo" commenta amareggiato Hapsoro, di Telapak.
Il boom delle piantagioni è alimentato dalle politiche governative volte alla crescita della produzione di biodiesel, prevalentemente dell'olio di palma: secondo i piani governativi, le piantagioni dovranno estendersi dagli attuali 6 milioni di ettari a 20 milioni di ettari, e gran parte di questa espansione si verificherà nella Nuova Guinea, dato che le foreste di Sumatra Kalimantan (Borneo) sono ormai sature di piantagioni. Nel 2007 l'Indonesia è diventua il primo produttore mondiale di olio di palma.

 

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