Roma, 17 febbraio 2004 - Mentre la nave ammiraglia di Greenpeace, Rainbow Warrior", scopre nuovi carichi di legno illegale in partenza dal parco nazionale indonesiano del Tanjung Puting, nel Kalimantan, continua con difficoltà  in Malesia la Convenzione sulla Biodiversità. I governi di tutto il mondo, infatti, non riescono ad accordarsi su un piano di azione concreto per proteggere la biodiversità del pianeta.

"Il futuro delle foreste e dei mari è ora nelle mani dei ministri dei paesi industrializzati. Se i paesi più ricchi non si impegneranno ad stanziare fondi adeguati, sarà  difficile che i Paesi in via di sviluppo accettino un piano di azione che non avranno modo di attuare" ha commentato Sergio Baffoni, di Greenpeace.

Uno degli argomenti cruciali della settima conferenza delle parti della Convenzione sulla Biodiversità è proprio il finanziamento delle aree protette, allo stato attuale assolutamente inadeguato.
Il quinto Congresso Mondiale dei Parchi ha recentemente stimato una carenza di circa 25 miliardi di dollari ogni anno rispetto ai fondi necessari ad una efficiente gestione dei parchi naturali esistenti e l'istituzione e gestione di nuove aree protette, considerate assolutamente necessarie: ovvero, ogni anno un totale di 10 miliardi di dollari per le aree marine e di 23 miliardi di dollari per le aree terrestri, mentre la cifra effettivamente investita ammonta appena a un totale di 8 miliardi di dollari ogni anno. Se non saranno reperite nuove consistenti risorse finanziarie, le aree protette del pianeta non saranno in grado di assicurare la riproduzione della biodiversità  terrestre.

"Anche l'Italia deve assumersi le proprie responsabilità  e dichiarare quanti fondi è disposta a garantire- ha concluso Baffoni - Dopo aver per anni incentivato uno sfruttamento intensivo e distruttivo, e spesso perfino illegale, con la domanda di legname, deve ora compiere il primo passo per recuperare i danni commessi e prevenire ulteriori distruzioni".

 

 

Joomla templates by a4joomla