Washington, 30 gennaio 2009 - Sopravvivranno le foreste tropicali? Una domanda inquietante ha riunito nella capitale statunitense scienziati provenienti da tutto il mondo per discutere sul futuro di uno dei più preziosi e vitali ecosistemi del pianeta: le foreste tropicali. Organizzato dal Museo Smithsoniano di storia naturale, il seminario ha presentato dati inquietanti. Nel giro di una manciata di decenni, il 60 per cento delle foreste pluviali è scomparso, dopo 50 milioni di anni di vita.
Si stima che le foreste pluviali tropicali contengano l'80 per cento della biodiversità terrestre del pianeta. Producono inoltre il 20, 30 per cento dell'ossigeno mondiale, e fanno parte del sistema di regolazione del clima planetario.
Le insidie alle foreste sono a volte nascoste, e difficili da rilevare perfino con le sofisticate tecnologie satellitari. "Il taglio selettivo è più difficile da individuare e quantificare, rispetto alla deforestazione più evidente, e il suo impatto è stato meno analizzato, ma abbiamo rilevato come circa un 28 per cento delle foreste tropicali umide sono sottoposte a un certo livello di prelievo legnoso" ha spiegato Greg Asner, del Carnegie Institute di Washington. "L'impatto generale del taglio selettivo sulla biodiverstà è meno drammatico rispetto alla perdita all'ingrosso provocata dalla deforestazione, ma può comunque alterare in profondità l'habitat forestale" All'attuale tasso di deforestazione, le foreste tropicali rischiano di scomparire nel giro di 20 anni.
Secondi gli scienziati non tutte le speranze sono perdute. Le immagini satellitari mostrano ampi tratti di terreno agricolo abbandonato e in via di ricrescita, quasi 350.000 chlilometri quadrati. Insomma, per dirla con le parole di Joseph Wright, dello Smithsonian Tropical Research Institute, "in futuro ci saranno ancora molte foreste tropicali, ma saranno di tipo diverso". Ma le foreste più recenti non offrano la stessa ricchezza, in termini di biodiversità e di servizi ambientali, delle foreste centenarie. "Nelle foreste primarie ci sono molti alberi hanno tra i 500 e 1.500 anni di età" e una biodiversità ricchissima. Le foreste secondarie, così come quelle degradate, ospitano invece solo una piccola parte delle specie animali che vivono nelle foreste primarie. Piantare una nuova foresta per compensare la distruzione di una foresta primaria, è come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Se le foreste in via di ricrescita saranno collegate a foreste primarie intatte, allora le specie potrebbero tornarvi di nuovo, anche se questo processo richiede tempo. Se invece prevarrà la frammentazione, questo riavvio della biodiversità sarà molto più difficile.
Purtroppo gli scienziati ritengono improbabile che i responsabili della deforestazione - industria del legno, industria mineraria, agricoltura industriale e biocarburanti - lasceranno ricrescere neppure le foreste più recenti. La deforestazione delle foreste primarie si sta completando a un ritmo più veloce che mai nella storia. L'Indonesia sta perdendo più di due milioni di ettari di foresta all'anno, la seconda foresta pluviale più grande del mondo, nella Repubblica Democratica del Congo, viene svenduta alle multinazionali cinesi, il risultato è che ogni minuto scompaiono 50 campi di calcio di foreste primarie.