E' durata poco la pace nell'Amazzonia peruviana, dopo che il Parlamento aveva sospeso la legge voluta dal governo per concedere grandi fette di foresta alle compagnie petrolifere e minerarie.
Il governo la rilasciato una nuova concessione alla compagnia petrolifera anglo-francese Perenco, proprio in un'area ancora popolata da popolazioni di indios che non hanno mai avuto contatti con l'uomo bianco. La stessa Perenco ammette la possibilità di contaminazione del suolo e dell'acqua, e della diffusione del bracconaggio, come conseguenza delle proprie attività. A rischio non è solo la salute di una foresta pluviale incontaminata, ma la stessa sopravvivenza degli indios, che non hanno anticorpi per malattie banali come il raffreddore, una affezione che in passato ha sterminato migliaia di indios: "dopo un'incursione dell'industria petrolifera nel territorio dei Nahua, negli anni ottanta, metà della popolazione è deceduta" ha ricordato Stephen Corry, di Survival International.


Il Perù ospita 70 milioni di ettari di foresta amazzonica, l'area più vasta dopo il Brasile. Tre quarti di questa foresta è stata già destinata alle compagnie petrolifere per l'estrazione di petrolio e gas. Su 64 pozzi, 56 sono stati costruiti di recente, dopo il 2004. "L'Amazzonia peruviana sta vivendo una gigantesca ondata di espensioni petrolifere" commenta s Matt Finer, autore di uno studio dell'espansione petrolifera curato dalla Duke University.

Mentre esplodeva la protesta indigena nell'Amazzonia peruviana, il presidente alla Perenco, Francois Perrodo, ha incontrato il presidente Garcia, concordando un investimento da due miliardi di dollari, che prevede la costruzione di 100 pozzi su dieci grandi piattaforme. Luce verde dal governo è arrivata pochi giorni dopo la violenta repressione della protesta indigena da parte dell'esercito, il cui conto delle vittime è ancora incerto. Per evitare possibili blocchi fluviali da parte degli indigeni, la Perenco ha dovuto inviare 42.000 sacchi di cemento.

Secondo Margarita Benavides, antropologa dell'Istituto de Bien Comun, su almeno un quinto dell'Amazzonia peruviana non sono riconosciuti i diritti indigeni alle terre ancestrali. Le associazioni indigene richiedono di essere consultate sull'impiego della foresta: "Lo sviluppo deve avvenire in armonia con la Madre Terra, senza distruggerla" ha dichiarato Mario Palacios, presidente della Confederazione delle comunità delle aree coinvolte dall'industria mineraria.
Continua intanto, secondo quanto riportano Amazon Watch e Survival, la persecuzione dei leader indigeni.

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