Roma, 4 giugno 2008 - Ogni anno, in tutto il mondo si perdono 13 milioni di ettari di foreste e nel periodo tra 1984 e 2004 ne sono stati distrutti addirittura 250 milioni, otto volte la superficie territoriale italiana. Un fenomeno che riguarda in particolare i Paesi tropicali, dal Brasile all'Indonesia, dalla Papua New Guinea al Congo. Solo negli ultimi quattro mesi del 2007 sono stati distrutti 700 mila ettari di foreste in Brasile (di cui la metà nella zona del Mato Grosso) e si ipotizza che nel 2008 la situazione potrebbe peggiorare.
Cifre disastrose, emerse nel corso del workshop tenuto oggi all'APAT, durante il quale si è discusso della deforestazione e delle sue cause complesse e intricate, guidato da molti fattori.
Uno dei fattori principali che determinano la deforestazione globale è sicuramente la trasformazione dell'uso delle terre, avvenuta alla luce dell'aumento dei prezzi sul mercato dei prodotti agricoli. Le foreste vengono eliminate per cedere il posto a coltivazioni di soia, palma da olio, colture per gli allevamenti animali, colture per la produzione di bio-diesel o etanolo da destinare all'autotrazione in sostituzione delle fonti fossili, ma anche strade, miniere e infrastrutture urbane.
C'è poi un altro fattore: il taglio e il commercio illegali di legname. Proprio per contenere quest'ultimo fenomeno, la Commissione Europea ha emesso l'iniziativa FLEGT (Forest Law Enforcement Governance and Trade), che attende di essere implementata in Italia e in Europa. Occorre ricordare che il nostro Paese è il sesto importatore al mondo, il secondo in Europa, di legname tropicale.
Il taglio illegale degli alberi avviene nel mancato rispetto dei vincoli nazionali e delle norme del commercio internazionale. Non vengono infatti osservate le prescrizioni esistenti, che regolano le norme di concessione al taglio e cercano di evitare il contrabbando di legname, le dichiarazioni false su dimensioni, qualità e valore dei beni, la falsificazione della contabilità, i tagli irregolari (quali l'abbattimento di alberi di dimensioni troppo piccole o troppo grandi) e quelli in aree protette, i tagli di specie tutelate. Ciò avviene spesso in presenza di organizzazioni criminali, che si dedicano oltre che al taglio anche al commercio di legname, per un giro d'affari che vale 150 miliardi di dollari l'anno.
"La presenza di legname di provenienza illegale sul mercato internazionale -- afferma Andrea Todisco, direttore del Dipartimento Difesa della Natura di APAT -- danneggia le imprese che viceversa operano legalmente. Le aziende di dimensioni industriali che necessitano di lavorare elevati quantitativi di legname, peraltro, non possono affrontare il rischio di non disporre, in maniera sicura e continuativa, di fonti di approvvigionamento di provenienza legale e sostenibile. Ciò si traduce sovente nella scelta, da parte di queste aziende, di non guardare alla provenienza del legname."
Il taglio indiscriminato delle foreste su scala globale ha un ruolo importante sull'accumulo in atmosfera dei gas serra, i principali imputati dei cambiamenti climatici. Il Quarto Rapporto di Valutazione dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dice che negli ultimi cinque anni ben 1,6 miliardi di tonnellate di carbonio sono state immesse in atmosfera a causa della deforestazione e degradazione delle foreste: quantità pari al 20% delle emissioni totali provocate dall'uomo.
Le attività per la riduzione del fenomeno (in gergo Reducing Emisssions from Deforestation and Degradation of Forest, REDD) diventano quindi un'opzione importante per ridurre l'accumulo in atmosfera di gas serra: nella recente Conferenza ONU di Bali sui cambiamenti climatici è stato deciso di avviare la sperimentazione dei diversi approcci metodologici per consentire di superare gli ostacoli tecnici che frenano l'inclusione dei progetti REDD nelle strategie internazionali per il contenimento delle emissioni.
"Riducendo il tasso annuale di deforestazione di un modesto 20 percento rispetto all'attuale -- sostiene ancora Todisco -- e considerando un prezzo sui mercati internazionali di una tonnellata di carbonio pari a 30 dollari USA, il valore annuale della "deforestazione evitata" è di 30-40 miliardi di dollari USA l'anno, ossia la metà del valore dell'assistenza umanitaria per i paesi in via di sviluppo".
 
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