Kransnoyask, 7 luglio 2007 - La siberia è martoriata dagli incendi. In dieci anni sono andati in fumo 988.891 chilometri quadrati di vegetazione, quanto tre volte l’Italia. Un anno, nel 2003, è bruciato un territorio vasto come la Romania.
Colpa di 104.687 incendi, minuziosamente contabilizzati dal 1996 al 2006. Una linea che si  estende dagli Urali all'Oceano Pacifico. "Le foreste siberiane sono distrutte in gran parte dai contrabbandieri di legname. E' facile dar fuoco alla foresta, non sono i fulmini a produrre gli incendi dice Sukhinin, dell’Istituto della Foresta - Purtroppo chi brucia i boschi da noi la passa liscia".
C’è la Cina affamata di mobili, la domanda di legno è esasperata, le grandi industrie americane, sudcoreane e giapponesi hanno stretto accordi con quelle russe per radere al suolo le foreste siberiane, ci sono di mezzo una trentina di organizzazioni mafiose, le autorità non dispongono né di mezzi né di uomini sufficienti ad impedire la razzia. "Il 90 per cento di questi incendi sono provocati dall’uomo. Per denaro. Perché se si abbattono gli alberi appena bruciati, la qualità del loro legno non cambia, possono essere poi rivenduti a prezzo normale. Con la differenza che viene raccolto a costi zero e venduto oltre confine a prezzi di mercato."

Negli ultimi vent’anni la situazione è peggiorata nettamente. Succede, che a causa della siccità sempre più frequente, specie a nord, gli incendi non siano estinti come dovrebbero, e quindi si espandano a ritmo naturale: nell’ottobre del 2002, in Jakuzia, furono inghiottiti dalle fiamme 6 milioni di ettari, qualcosa come mille chilometri per 800?. Una foresta siberiana, sino al secolo scorso, ci metteva cento anni per ricostituirsi prima che fosse colpita da un nuovo incendio. Oggi le ricerche dimostrano che gli incendi si presentano più frequentemente, ogni 65 anni. Inoltre, le temperature annuali siberiane sono aumentate di due gradi Celsius, ad una velocità doppia rispetto alla media globale. Gli incendi si ripetono e cambiano poco a poco le caratteristiche del terreno. Le piante preziose spariscono, sostituite da specie pioneiere, capaci di adattarsi alla nuova situazione, ma meno utili per la biodiversità come le betulle".

 Dal 1990, il riscaldamento della Siberia si è ulteriormente accelerato. Cioè primavere più calde, più piogge, meno gelo. Quest’anno, dice il nostro autista, il primo febbraio il termometro a Krasnoyarsk ha smesso di scendere sotto zero. I cambiamenti climatici sono come bombe ad orologeria, quasi due terzi della Siberia sono sopra uno strato di permafrost, ossia il ghiaccio geologico: se si scioglie, è il caos ambientale. Libererebbe quantità enormi di metano. Enormi territori si trasformerebbero in paludi.



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