Il porto fluviale di Zhangjiagang, a meno di un’ora e mezzo da Shanghai, vicino alla foce dello Yangze, è il centro nevralgico del traffico di legno in Cina. Un traffico in crescita e spesso illegale. Nei dintorni, migliaia di piccole fabbriche lavorano sette giorni su sette e ventiquattro ore al giorno, grandi tronchi d’albero provenienti da Siberia, Indonesia, Brasile, Cile, Gabon, Camerun, Congo, Mozambico, Birmania e Cambogia. Secondo l’associazione Global Timber, più della metà delle importazioni cinesi di legno sarebbero illegali o senza tracciabilità, provenienti da foreste protette.
Gli imprenditori locali negano di essere a conoscenza di problemi di disboscamento, ma ammettono di dover cambiare fornitore ogni tanto: Prima, facevamo molti affari con il legno indonesiano, ma hanno imposto delle norme, ora il nostro migliore legno viene da Birmania ed Africa, dichiara un intervistato, toccando una pila di tronchi di Okoumé del Gabon, una varietà preziosa (comprata a 35 euro al metro cubo e rivenduta dieci volte tanto).
Il porto di Zhangjiagang fa affari con 140 porti del mondo intero e l’industria del legname genera, secondo le cifre ufficiali, quasi 100 miliardi di euro l’anno. Un vantaggio per lo Stato cinese che, invece, ha rigidamente regolamentato il disboscamento interno: le distruzioni causate dalle inondazioni del 1998 sono state attribuite al disboscamento massiccio delle montagne cinesi. Recentemente, i 60 miliardi di paia di bacchette monouso prodotte ogni anno hanno mobilizzato gli ambientalisti locali, e la Cina si è fatta paladino della riforestazione, proibendo lo sfruttamento di foreste non rinnovabili.
Tuttavia, per soddisfare il consumo interno (oltre alla domanda mondiale), la Cina si è messa ad importare foreste intere dai paesi dove le norme sono poco rispettate. In dieci anni le importazioni di legno grezzo sono quadruplicate ed oggi superano i 100 milioni di metri cubi l’anno. Un terzo serve al mercato interno (160 terreni da calcio al giorno solo per i parquets), il resto è riesportato sotto forma di prodotti manifatturieri Made in China. I più grandi acquirenti sono gli Stati Uniti, il Giappone, l’Unione Europea ed il Medio Oriente, dove la natura è relativamente ben preservata, ma esiste una forte domanda per prodotti in legno di buona qualità.
Gli ambientalisti ritengono che, a questo ritmo, in una ventina di anni la quasi-totalità delle foreste naturali del Sud-Est asiatico e della Siberia scomparirà; l’Africa e il Sud-America seguiranno. Secondo le Nazioni Unite, il disboscamento è oggi la seconda principale causa di emissioni di CO2, genera disastri climatici, sconvolge i modi di vita delle popolazioni autoctone e distrugge un’innumerevole quantità di specie vegetali ed animali.