Circa un quinto del legname importato nell’Unione Europea nel 2006 proverrebbe da operazioni illegali, passando per Russia, Indonesia e Cina. E’ il risultato di un lungo studio del WWF che ha analizzato le principali vie commerciali di tutti i paesi coinvolti nel mercato mondiale del legname.
Il rapporto indica 10 rotte principali del legname illegale: la Russia è il principale intermediario, con 10,4 milioni di metri cubi di legname di origine sospetta o illegale importata in Europa nel 2006.
Circa la metà di questo legno entra nell'Unione Europea attraverso la Finlandia, dove viene impiegato per produrre cellulosa e carta, che a loro volta vengono esportate verso altri paesi europei. Al secondo posto viene l’Indonesia, seguita dalla Cina che tra il 2003 e il 2006 ha triplicato le sue esportazioni di prodotti forestali (legno e carta) verso l’Unione Europea.
La Cina importa a sua volta dalla Siberia, dall'Indonesia, dalla Papua Nuova Guinea e dall’Africa, e in tutti i casi c'è un'alta incidenza di legname di origine illegale. Caso studio del rapporto è l’Amazzonia: quasi l’80% del taglio delle foreste in questa regione risulta in forma diversa illegale.
 
Il quadro di illegalità denunciato nel rapporto del WWF è impressionante e coinvolge anche l’Italia. che importa grandi quantità di legname da Africa, Asia, e Sudamerica: circa un 14% del del legname importato dalla Bolivia sarebbe di origine illegale, e così il 24% del legno originario dal Camerun, il 33% del legno della Costa d’Avorio, il 25% di quello della Repubblica Democratica del Congo, il 36% dalla Repubblica del Congo (Brazzaville), il 24% dal Gabon, il 14% dall’Indonesia, il 13% dalla Thailandia, il 5% dalla Malesia e il 7% dalla Cina. Negli ultimi anni nel mercato illegale italiano si sono affacciati anche i paesi dell’est europeo, come la Bosnia (42%) e l'Ucraina (11%).
 
Nel 2006, l’Unione Europea ha importato tra 26,5 e 31 milioni di metri cubi di legname e prodotti derivati del legno di origine illegale, di cui 23% dei prodotti in legno importati dall’Europa dell’Est, il 40% dal Sud-est asiatico, il 30% di quelli importati dal Sud America, e il 36-56% di quelli provenienti dall’Africa hanno origine sospetta o illegale. In questo mercato i maggiori importatori europei risultano essere la Finlandia, il Regno Unito, la Germania e l’Italia.
 
Lo studio del WW dimostra l’inefficienza dell’attuale schema di licenze adottato dal piano d’azione europeo avviato dal 2003, il cosiddetto FLEGT (Forest Law Enforcement, Governance and Trade), nel bloccare il commercio di legname ‘illegale’. Sebbene siano stati conclusi o sono in fase di conclusione tutti gli accordi di partenariato (su base volontaria) negoziati al momento dall’Unione Europea con alcuni paesi, circa il 90% del legname illegale continuerebbe a fluire sui mercati europei, dato che paesi come la Russia e la Cina non fanno parte di questo sistema. Inoltre ancora non è stato implementato a livello nazionale lo schema di licenze avviato nel 2003, e una politica di gestione forestale concordata  con i principali Paesi produttori.
 
Il taglio illegale di legname è un problema di portata internazionale: è la principale causa di deforestazione e dei cambiamenti climatici (il 25% delle emissioni di gas serra è dovuto alla degradazione delle foreste e alla deforestazione), rappresenta spesso una forma di crimine organizzato, spesso collegata ad altre attività criminali che implicano corruzione, violenza e riciclaggio di denaro. Spesso i profitti di queste attività servono a finanziare guerre civili e acquisto d’armi, soprattutto in Africa. Ad esempio, la dittatura militare della Birmania (Myanmar) si è auto-finanziata usando i profitti ricavati dal saccheggio delle foreste nazionali e in particolare dall’esportazione di teak. Il WWF ricorda che l’Unione Europea, prima del bando alle importazioni da questo paese, introduceva enormi quantità di legname: tra i principali acquirenti c’era anche l’Italia (25%) insieme a Gran Bretagna (32%) e Francia (11%). Gravissimi i danni per le popolazioni locali che si vedono sottrarre illegalmente una forma di sostentamento come le foreste, vedono annullare la funzione protettiva delle foreste e aumentare così il rischio di catastrofi naturali (alluvioni, frane), come è accaduto a Jakarta nel 2006 quando il vicepresidente indonesiano Jusuf Kalla riconobbe ufficialmente che il disastro delle inondazioni seguite alle piogge torrenziali monsoniche era dovuto alla distruzione delle foreste.
 
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